Tv: Mattina in famiglia - 1996

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Intervista all'assistente sociale

Tratto da: Mattina in famiglia

Scheda informativa

Titolo: Intervista all'assistente sociale

Autore: Massimo Giletti

Tratto da: Mattina in famiglia, di Michele Guardì, condotto da Maurizio Giletti

Data e canale di trasmissione: 15/04/1995, RaiDue

Mattina in famiglia ha iniziato a essere trasmessa nel 1992, ed è stata condotta da Giletti dal 1994 al 1996. Si tratta di uno dei classici contenitori del mattino, rivolto a un largo pubblico e condotto da un personaggio affermato come Giletti.

La sequenza analizzata è tratta da uno degli incontri del conduttore con un protagonista di un fatto di cronaca. Qui Giletti intervista un'assistente sociale operante in un ospedale di Roma che ha subito minacce e aggressioni da parte di una ragazza tossicodipendente e sieropositiva. Il fatto, accaduto qualche giorno precedente alla trasmissione, sembra essersi svolto in questo modo: la ragazza entra nell'ufficio dell'assistente sociale, estrae un coltello e minaccia la donna chiedendole una sistemazione abitativa e lavorativa. L'assistente sociale riesce a dare l'allarme e intervengono le forze di polizia. Successivamente la donna, che non sporge denuncia, ottiene che la ragazza venga accolta in una comunità.

Tutta l'intervista dura circa 7 minuti e il brano riportato comprende l'inizio dell'intervista con la presentazione dell'assistente sociale da parte del conduttore e le prime domande a lei rivolte. L'intervista prosegue, oltre la sequenza, con altre domande sull'evolversi dei fatti e sulla conclusione della vicenda e si chiude con un appello alla solidarietà da parte della donna. Tale appello, dopo la chiusa, viene ripreso da Giletti per lanciare un'iniziativa di beneficenza. Nel corso dell'incontro viene presentato anche un brevissimo intervento preregistrato (solo 90 secondi) della ragazza tossicodipendente che, dalla comunità in cui è stata accolta, parla della sua situazione, ringrazia l'assistente sociale e lancia un messaggio contro l'uso di sostanze. La maggior parte delle immagini di tutta l'intervista è dedicata ai primi piani del conduttore e dell'ospite e ai totali dei due seduti nel salotto. Le altre immagini, oltre all'intervento preregistrato, riguardano inserti di copertura che mostrano le pagine di cronaca di alcuni giornali che, nei giorni precedenti, hanno riportato la notizia.

La messa in scena

La cornice

Come tutti i programmi che rientrano nel genere 'contenitore', Mattina in famiglia veniva trasmesso in diretta da un ampio studio privo di pubblico, ma suddiviso in spazi scenografici destinati ad accadimenti specifici (il salotto per gli incontri con gli ospiti, l'angolo delle dimostrazioni, quello dei consigli, ecc).

L'intervista all'assistente sociale è svolta proprio in uno di questi spazi, in particolare il salotto, in una atmosfera accogliente e domestica. Nella scaletta del programma , l'intervista segue una rubrica di aggiornamento sulle notizie, condotta da un presentatore che chiude il suo intervento con la formula "e adesso do subito la parola a Massimo con il suo ospite… "

La prima inquadratura dell'intervista ci mostra un primo piano di Giletti che, in camera look, presenta argomento e ospite ("E adesso parliamo di un caso di cronaca che proprio pochi giorni fa…"). Lo sguardo in macchina del conduttore (procedimento enunciativo tipico della tipologia di trasmissione) è un passaggio fondamentale per il grado alto di coinvolgimento a cui mira il programma in questo punto. Permette infatti al conduttore di attirare tutta l'attenzione dello spettatore, utilizzando inoltre alcuni stilemi calibrati: Giletti appare serio, parla con un tono basso della voce e lentamente in modo da sottolineare la gravità dei fatti che sta introducendo.

Inoltre l'inquadratura, se da una parte contribuisce a focalizzare l'attenzione sul presentatore e su ciò che sta dicendo, dall'altra esclude dal campo tutto il resto dello studio, ospite compreso. La strategia comunicativa punta quindi ad aumentare l'aspettativa del pubblico verso un evento annunciato, ma non ancora mostrato. E' l'attesa che crea il caso: si sa che vicino a Giletti c'è un'altra persona, si sa che quello è lo spazio designato a trattare determinate tipologie di eventi, tutti gli elementi linguistici (tono, taglio dell'inquadratura, ecc.) riconducono a una drammaticità conosciuta, ma non si mostra ancora (per poco) l'ospite. La cornice linguistica che domina nella logica compositiva di tale messa in scena è chiaramente diretta a creare l'evento, prima ancora di arrivare ai contenuti e prima ancora di spiegare e mostrare una situazione, un intervento, un fatto.

Come appare e dove appare

I due conduttori intraprendono il tour al quartiere Zen e sembrano essere un po' spaventati. Il quartiere infatti viene descritto, in un punto precedente alla sequenza, come "famigerato". "Sei matta? Noi da soli allo Zen!" dice Roversi manifestando la paura e la necessità non solo di una guida, ma anche di una protezione. Ma arriva puntuale la rassicurazione: "Non siamo mica soli! C'è Lucia, l'amica di un'amica di una nostra amica, che si occupa del progetto Zen del comune". Su questo scambio di battute, in voce off, (e quindi costruito in post produzione), scorrono le immagini di Lucia, l'assistente sociale, e immediatamente dopo entra il sonoro live del filmino, in cui Roversi chiede a Lucia informazioni sul suo lavoro. Lei risponde: "Sono il responsabile tecnico del progetto. Io sono un'assistente sociale". E' lei stessa quindi che precisa e sottolinea il suo ruolo, alla fine della sua presentazione, dopo aver citato l'ente di appartenenza (il comune) la mansione (responsabile tecnico) e dopo essere stata introdotta come "amica" e guida, in grado di fornire informazioni e protezione (guida turistica del disagio). Lucia, che emergerà nel servizio come seria, motivata e concentrata, non appare con gli accessori tipici (la cartellina, gli occhiali, ecc) presenti nelle descrizioni classiche e viene mostrata prima che ne sia specificata la professione. Nessun elemento iconografico quindi porta a identificarla subito come assistente sociale, né entrano mai in scena i luoghi del 'lavoro remoto' dell'assistente sociale quali l'ufficio l'assessorato, ecc. Lucia compare sempre per strada, nel quartiere, a piedi o in auto, ma sempre sul territorio.

Che cosa fa

In quanto 'vittima' l'assistente sociale sembra assumere narrativamente e pienamente questo ruolo. Infatti la donna viene mostrata in un atteggiamento quasi sofferente: il volto spesso rivolto verso il basso, un'esposizione interrotta da molte pause e diretta da un conduttore che cerca continuamente di far emergere i punti dolorosi della vicenda. Il suo racconto è rivolto principalmente a Giletti che fa da tramite tra la vicenda e il pubblico. L'immagine professionale dell'assistente sociale, il suo agire, emerge dalle parole della donna che, nel raccontare il fatto, inserisce elementi e precisazioni che riguardano la pratica professionale (la telefonata, l'ufficio, l'occuparsi di un caso, ecc.), ma il confronto tra ruolo professionale e ruolo narrativo si risolve in ogni caso tutto a favore del secondo.

L'agire professionale appare offuscato dall'agire diegetico.

Che cosa dice

Tra il momento dell'aggressione e la trasmissione passano pochi giorni ("E' stato lunedì mattina") e l'emozione suscitata dall'accaduto sembra ancora sussistere nel racconto dell'assistente sociale. Nondimeno la donna inserisce nella sua esposizione numerosi riferimenti alla quotidianità professionale, all'ambito lavorativo, all'utenza incontrata, all'approccio con il cliente, ecc.

In punto (non riportato qui) dell'intervista la donna accenna addirittura a una problematica sociale che si trova spesso ad affrontare nel suo lavoro (la difficoltà a reperire alloggi per persone in difficoltà) e connessa all'avvenimento. L'assistente sociale cerca di sottolinearne la gravità, ma il conduttore riporta sempre l'attenzione sull'avvenimento:

A.s.: "Ho provato a fare queste telefonate (per trovare un alloggio, ndr)…. Perché purtroppo so che gli alloggi non si trovano, è difficilissimo trovare un alloggio per un senza tetto in generale… "

Giletti: "E quindi figuriamoci per una persona malata di Aids… "

A.s.: "Ci vogliono mesi di attesa purtroppo, questo è un problema che sento tantissimo e che.. "

Giletti (interrompendola): "E quindi lei, ha instaurato un dialogo (con la ragazza, ndr) e ha cercato poi di telefonare…. "

Il registro linguistico utilizzato dall'assistente sociale durante tutta l'intervista sembra risentire molto della terminologia professionale (usa infatti espressioni come "stimolare gli aspetti umani", "stabilire un contatto", "la ragazza si è identificata in questo suo ruolo", ecc.). Nonostante ciò la complessità operativa del lavoro e dell'approccio con l'utenza sembra non emergere. La trasmissione infatti non punta a descrivere l'agire professionale: non è un programma di approfondimento sociale, di servizio o di informazione. L'obiettivo appare invece quello di focalizzare l'attenzione sulla cronaca e sui suoi protagonisti, semmai insistendo sugli aspetti emotivi della vicenda. Il contesto, l'ambientazione e l'enunciazione costituiscono allora un insieme di segni riconoscibili (lo spettatore riconosce uno spazio, un conduttore e probabilmente anche un tipo di inquadratura e sa che verrà utilizzato un certo tipo di comunicazione) che vanno a connotare i contenuti del discorso (dal più tecnico al più familiare) adattandoli al genere televisivo in atto in quel momento.

Chi ne parla e come

Come rilevato in altri punti, l'assistente sociale viene presentato a inizio sequenza dal conduttore che, rivolgendosi direttamente al pubblico guardando l'obiettivo (camera look), introduce l'argomento usando toni drammatici. E' quindi il dispositivo televisivo, di cui l'interlocutore Giletti è parte, che nomina per la prima volta l'assistente sociale contestualizzandola però in una dimensione cronachistica e drammatica (si veda Cornice e Come e dove appare) e quindi orientando la visione delle successive immagini. A sottolineare questo aspetto è una 'citazione' testuale che il dispositivo mette a servizio della fruizione: si tratta degli inserti grafici di copertura che mostrano i ritagli degli articoli relativi al caso, apparsi nelle pagine di cronaca di alcuni quotidiani nazionali. Non sono immagini esplicative e non forniscono informazioni in più, ma servono unicamente a far richiamare alla mente dello spettatore il fatto. In questo modo il caso di cui si sta parlando viene ulteriormente collocato in un'area tematica definita (la cronaca appunto) e ciò consente, per esempio, di non distogliere l'attenzione con tentativi di approfondimento sociale dell'accaduto.

Da che parte sta

Linguaggi utilizzati e dinamiche comunicative portano a rinchiudere la figura dell'assistente sociale all'interno di uno specifico televisivo per cui la persona che viene intervistata appare più come 'caso' (o parte del) che non come individualità oggettiva. In questo senso, pur non rivolgendosi mai allo spettatore e nemmeno interpellandolo, l'assistente sociale viene comunque a far parte di un salotto televisivo specifico (quello di Giletti) nel quale sembra non avere altra scelta se non quella di svolgere in pieno il ruolo di protagonista di un fatto di cronaca. Al di là dell'andamento effettivo dei fatti (che si evince dal racconto) e dalla gestione professionale del caso (di avvicinamento progressivo all'utente) la messa in scena utilizzata punta a riunire in un unico insieme conduttore, intervistata e spettatore e ad allontanare, alienandola, la reale parte debole di tutto il processo comunicativo e, più in generale, di quello sociale: la ragazza disperata, che seguendo una modalità non consentita, chiede comunque aiuto ai servizi sociali. La breve intervista (fuori sequenza) preregistrata che le viene dedicata sottolinea ancora di più questo aspetto: la ragazza infatti non è con noi, seduta nel confortevole salotto televisivo, ma in un altro posto, in una comunità, altrove.

Ipotesi di lettura

Il modello televisivo qui analizzato appartiene a una tipologia che si discosta completamente dagli altri presentati nella sezione. L'approccio con la realtà infatti non è né commentativo-riflessivo (come accade ne Il fatto), né illustrativo né tantomeno parodico (Johnny7). Nessuno di questi elementi compare nel brano analizzato né nel resto dell'intervista. La richiesta del conduttore di raccontare gli eventi, non sembra in realtà puntare a una loro spiegazione, nemmeno ad approfondirli. L'atteggiamento prevalente se mai deriva piuttosto da una volontà di focalizzazione del fatto al fine di dilatarlo, di renderlo più immanente e rilevante. Le dinamiche sociali che hanno portato al suo accadere, le ragioni profonde di quel disagio, infatti non vengono esplorate, non per leggerezza, ma perché esulano dagli obiettivi comunicativi della trasmissione. L'attenzione è rivolta tutta sul fatto, come dimostrato dalle ripetute domande del conduttore relative all'evento nel suo svolgersi che continuamente deviano il discorso professionale e sociale, appena abbozzato, dell'intervistata, verso quei momenti: "Ecco, lei come ha vissuto quei momenti terribili, con un coltello puntato alla gola, come era….? ". Il risultato è un'esaltazione della componente drammatica a scapito di tutte le altre, approfondimento in primis.

Non a caso una simile tipologia di programma si colloca, per modalità di trattazione di casi sociali, all'esatto opposto di una trasmissione come Scatola aperta, a cui si rimanda per un confronto.

La figura dell'assistente sociale che emerge da un simile contesto, è quindi più assimilabile a una 'vittima' e forse a un' 'eroina', che non a una professionista del lavoro sociale. La complessità del lavoro, le difficoltà operative che il servizio sociale deve fronteggiare e la lettura sociale che simili fatti possono suggerire, in un modello televisivo di 'intrattenimento emotivo' come quello analizzato, non trovano spazio, né linguaggio e contesto comunicativo adeguato.


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Racconti e rappresentazioni

"Mattina in famiglia" e "Scatola aperta": modelli televisivi e stili comunicativi a confronto