Cinema: Ricomincia da oggi

ricomincioda.wmv

Ricomincia da oggi di Gianni Serra, di Bertrand Tavernier, Francia 1999, 117', con Philippe Torreton, Maria Pitarresi, Nadia Kaci

Scheda informativa

Ricomincia da oggi

di Bertrand Tavernier, Francia 1999, 117'

Con Philippe Torreton, Maria Pitarresi, Nadia Kaci

Daniel, quarantenne, è insegnante e direttore di un asilo a Hernaing, cittadina di settemila abitanti nel Nord della Francia, con una disoccupazione al 30% a causa della dismissione delle miniere della zona. Daniel tocca con mano ogni giorno le gravi difficoltà di sussistenza delle famiglie, ma fatica a trovare prospettive e rimedi efficaci. Di fronte all'estrema povertà che trova a casa di una sua piccola allieva, Letizia, cerca di attivare i servizi sociali, ma si scontra prima con un'assistente sociale piuttosto burocratica, poi con una visita di ispezione verso la sua scuola. Anche la vita privata non è semplice: ha un rapporto molto freddo da anni con l'anziano padre e non sembra benvoluto dal figlio preadolescente della sua compagna Valeria, che con alcuni amici distrugge la scuola con un raid vandalico. Il colpo definitivo sembra essere il suicidio della madre di Letizia, che porta con sé anche i due bambini. Daniel non va ai funerali, ma da quel momento lui e Valeria iniziano a scalfire il muro di paura della cittadina, che accetta di mobilitarsi per attivare una solidarietà comune, a partire da tutti i genitori della scuola d'infanzia.

La messa in scena

La cornice

A differenza degli altri frammenti filmici analizzati nel cd, in questo caso si tratta di due momenti distinti cronologicamente; la seconda sequenza giunge circa dieci minuti dopo la prima, situata a sua volta a una mezz'ora dall'inizio del film. La scelta di montarle consecutivamente è sembrata utile per sottolineare i differenti atteggiamenti che si verificano nel rapporto tra il direttore della scuola materna, Daniel, e le rappresentanti del servizio sociale. A prescindere dalle qualifiche delle due operatrici - nel primo caso il dialogo sembra dare per scontato che si tratti dell'assistente sociale, mentre la seconda donna si presenta come puericultrice - entrambi i personaggi femminili rappresentano comunque ruoli riconducibili alle professioni del servizio sociale, ma agiscono in modo completamente differente.

Pur ribadendo anche in questa sede i livelli di generalizzazione che sempre operano nelle narrazioni cinematografiche e l'impossibilità di riscontrare in modo esatto ruoli professionali e funzioni operative che possono subire profonde modificazioni a seconda dei differenti contesti geografici e cronologici, le due scene permettono di riflettere su questioni quali i criteri di efficienza dei servizi sociali, la reticolarità dell'intervento, il livello di comunicazione con il territorio.

Va ricordato che il protagonista assoluto del film è Daniel, nella doppia veste di educatore militante - come combattivo direttore della scuola materna - e di uomo in crisi, che si pone molteplici domande sulla povertà delle famiglie, sulle proprie scelte esistenziali, sulla difficoltà di instaurare un rapporto vero con il figlio della sua compagna. Nell'economia generale del film, i servizi sociali possono apparire marginali, ma il regista li utilizza alla pari di altre presenze significative sul territorio, dalla famiglia alla scuola, dalla polizia ai ritrovi informali del tempo libero, per indagare sul degrado umano e sociale che si verifica in zone colpite dalla crisi economica e sociale, utilizzando il nord della provincia francese come esempio emblematico.

In quest'ottica le due scene non sembrano interessate a un'analisi del servizio sociale in sé, ma piuttosto mirano a relazionare l'agire dei servizi e degli operatori all'interno di un contesto più ampio, in cui il piano teorico va relazionato con quello concreto e ogni professione - quella dell'insegnante come quella dell'assistente sociale - va considerata non in termini assoluti ma in riferimento alla sua effettiva capacità di rispondere alle specifiche esigenze di un ambiente sociale, culturale ed economico.

Come appare

La prima operatrice giunge poco dopo che Daniel ha allontanato dalla scuola una madre troppo in anticipo sull'orario di chiusura e che tentava di aspettare il figlio guardando le attività dall'interno. Oltre ad annunciare il successivo scontro con l'assistente sociale - che per tutta la sequenza resterà sulla parte sinistra dell'inquadratura, la stessa da cui è stata "cacciata" la genitrice - il gesto esplica lo stile di Daniel verso gli esterni, che devono rispettare certe regole pensate per i bambini, a prescindere dal loro ruolo.

Attestato il confine tra "dentro" e "fuori", la messa in scena visiva dell'assistente sociale la fa apparire inizialmente piuttosto impiegatizia, sia nel vestiario che negli atteggiamenti e nei modi di agire. Un tailleur dai toni sobri tendenti al marrone scuro, capelli corti e lisci, orecchini non troppo visibili, la borsa personale e la cartella professionale ben si accompagnano a un eloquio che prevede subito le scuse standard per il ritardo e per l'assenza del giorno precedente, prima che Daniel la interrompa e la sommerga in un crescendo di improperi e rabbia. Agli occhi dell'insegnante, e probabilmente dello spettatore, la signora Durain appare come la rappresentazione simbolica, prima ancora che fisica, dei servizi sociali, senza una propria identità ben caratterizzata: non sono presenti quando servono, sono burocratici e autoreferenziali nel lamentarsi delle varie carenze che li affliggono.

Il secondo personaggio dovrebbe avere le stesse caratteristiche del primo, ma fin dal suo apparire fornisce un'altra impressione. Pur nella superficialità della rappresentazione visiva, che attiva stereotipi fisionomici, i lunghi e ricci capelli neri, lo sguardo più aperto e il modo di muoversi la distanziano dalla sua collega vista in precedenza, cui si aggiunge la giacca fucsia sfoggiata nella seconda parte, che testimonia uno stile brillante e moto femminile, oltre che elegantemente anticonformista rispetto al grigiore delle procedure standard. Anche la specificazione del suo ruolo la rende più "specifica": lei non è una rappresentante dei servizi sociali in senso lato, ma una puericultrice, con precise competenze rispetto alle esigenze dei bambini piccoli, ovvero dei referenti privilegiati del protagonista del film. Le prime sensazioni sono poi confermate dal carattere e dallo stile espressi nel prosieguo della sequenza: determinazione, ma anche affabilità, disponibilità, ma anche lucidità di analisi. Pur in pochi minuti di film, il personaggio lascia il segno e ha diritto ad avere un nome oltre che un cognome: Samia Damoui. Anche in questa denominazione, decisamente mediterranea, la sceneggiatura esprime un senso di calore che l'algida rappresentante vista prima non riusciva ad avere.

Che cosa fa

La signora Durain, che appare per prima, non fa molto, né in senso professionale, né in senso strettamente fisico.

La sua fissità viene esaltata sia in relazione alla staticità corporea che a quella dialogica, con i timidi tentativi di interrompere Daniel che non sortiscono alcun effetto. E' emblematico che la sua espulsione fisica dalla scuola, con il direttore che la strattona e la spinge, avviene quasi senza una reazione da parte sua, come se fosse un corpo estraneo, incapace di reagire. Su un altro livello, questa staticità sembra rimandare a un'interpretazione del ruolo di assistente sociale piuttosto impersonale, in cui le carenze di organico e i contrattempi quotidiani sembrano giustificare a priori l'impossibilità di fare tutto come si dovrebbe.

A prima vista la passività della signora Durain può anche giustificarsi con l'aggressività dimostrata dal direttore della scuola. Ma nella seconda sequenza, dopo solo dieci minuti, l'atteggiamento di Samia è completamente differente da quello della collega. Insiste nel cercare di esporre le sue opinioni e ha tutt'altro impatto fisico: suona ripetutamente il campanello; entra nella scuola senza aspettare che sia il direttore a permetterglielo; blocca la serie di improperi e espone le sue ragioni, a partire da regole di buona educazione valide per ogni persona, a prescindere dai ruoli istituzionali; ribatte ad ogni accusa ora con ironia ora con lucidità di analisi; si presenta a tutti, stringendo la mano e dimostrando molta più fluidità fisica e intraprendenza operativa, costringendo viceversa Daniel a una staticità imprevista e stupefatta.

Se il primo tipo di assistente sociale era caratterizzata dalla passività e dalla scarsa intraprendenza, al punto da essere espulsa fisicamente dal luogo in cui avrebbe dovuto intervenire, il secondo tipo è invece attivo e tenace, al punto da inserirsi in profondità nel contesto - l'aula con i disegni dei bambini, ma anche i discorsi sulle reticolarità del territorio, tra istanze politiche e bisogni sociali - dimostrando notevole capacità di relazionarsi con gli altri attori sociali.

Che cosa dice

Il primo dialogo tra l'assistente sociale e il direttore della scuola si risolve praticamente in un monologo di quest'ultimo, sempre più adirato nei confronti della donna, che viene addirittura sbattuta fuori dalla scuola. La prima frase della signora Durain, pur interrotta presto da Daniel, denota comunque la consapevolezza dell'accaduto e un leggero imbarazzo per la propria assenza: "Ho saputo che avete avuto un problema con la famiglia Henry l'altra sera, io non c'ero mi dispiace…".

Da questo momento in poi i pochi frammenti di frase pronunciati dall'assistente sociale sono dei timidi tentativi di giustificazione di fronte alle accuse del direttore: "Siamo oberati di lavoro…", "…facciamo quello che possiamo…". Il risultato è opposto agli intenti. Non solo il dialogo non decolla, ma ad ogni giustificazione Daniel rincara la dose, esprimendo un ventaglio di lamentazioni che spesso ricorrono nell'immaginario sui servizi sociali: la burocratizzazione, l'inefficienza, l'incapacità di cogliere l'entità dei problemi da un punto di vista umano, la scarsa vocazione a lavorare in rete.

Anche il dialogo con Samia sembra prendere una piega simile e si interrompe subito, con la porta sbattuta in faccia dopo la prima presentazione professionale della donna.

La situazione viene però immediatamente ribaltata dal differente atteggiamento della seconda operatrice, avvertibile non a livello dialogico, ma comunque con un segnale sonoro: il ripetuto scampanellio, che non a caso diventa il simbolo della sua tenacia, ripreso anche dal primo dialogo successivo, in cui Samia minaccia di restare attaccata al campanello fino al mattino dopo. Da questo momento la puericultrice diventa assoluta protagonista e sviluppa i suoi dialoghi - con Daniel nell'inconsueta parte dell'ascoltatore - in tre fasi progressive.

In primo luogo attesta il senso del suo intervento e pone i confini della buona educazione, comprendendo l'irritazione del suo interlocutore ma non giustificandone l'irruenza maleducata: "Lo so che le hanno attaccato il telefono in faccia, lo so che è un errore inammissibile, ma questo non le dà il diritto di fare Rambo. Con una scopa in mano, poi".

La battuta finale sposta l'accento della comunicazione su un altro livello, in cui l'ironia diventa il tramite per sdrammatizzare, ma anche per far riflettere sulle posizioni assunte. In questa fase si sviluppa una complicità femminile che travalica i ruoli, isolando la tipicità maschile dell'azione solitaria e risolutrice. Samia porge la mano a Daniel e subito dopo alla più anziana delle maestre - che nel film è la vera spalla professionale del direttore, con cui si confida e confronta regolarmente - cui successivamente l'uomo porgerà, un po' seccato, la scopa, quasi a voler ribadire una specificità di ruoli minacciata dall'arrivo di Samia. La frase chiave di questo passaggio è ironica: "Si direbbe che manca d'autorità con i suoi bambini", afferma osservando lo sfascio provocato nella notte dai vandali entrati nella scuola.

Ristabilito il contatto e ridefiniti i ruoli, il successivo dialogo tra operatrice sociale e direttore è ormai alla pari e mette in atto ciò che Daniel rimproverava come carenza alla prima assistente sociale: la necessità di parlare lo stesso linguaggio e di travalicare le specificità del ruolo quando si ha che fare con la stessa utenza, in questo caso i bambini più svantaggiati. Pur essendo in servizio da poco più di un mese, Samia si dimostra non solo ben informata dei problemi di quel territorio - snocciolando le cifre dell'inadeguatezza degli operatori di fronte ai bisogni dell'utenza - ma anche consapevole della delicatezza dei rapporti e dei problemi cronici all'interno delle varie istituzioni, oltre che sinceramente interessata a conoscere ciò che fanno quotidianamente i bambini.

Attestata la sproporzione non solo quantitativa, ma soprattutto qualitativa, tra i dialoghi della prima operatrice rispetto a quelli della seconda, merita sottolineare una battuta pronunciata da una maestra, mentre tutti si danno da fare per ripulire la scuola e si sente il campanello che non smette di suonare, dopo che Daniel aveva chiuso la porta in faccia a Samia: "Magari è l'idraulico". Nella nostra ottica, la battuta è emblematica: dopo due rifiuti esplicitati dal direttore di fronte a operatrici sociali, forse questa volta potrebbe trattarsi di un "operatore" che serve veramente, capace di dare una mano concreta per ripristinare la normalità. Nel seguito della sequenza, il comportamento di Samia, molto concreto e diretto, sembra esplicitare ulteriormente quali caratteristiche debba avere un'assistente sociale per essere utile quanto un idraulico, dando per scontato, in modo piuttosto polemico, che se ci si limita alla burocrazia e alle parole - con riferimenti impliciti alla signora Durain - l'assistente sociale appare abbastanza inutile per intervenire in contesti segnati dalla problematicità e dall'urgenza delle richieste.

Dov'è

La prima assistente sociale viene bloccata dal direttore nel corridoio di ingresso. Come appare anche in altri paragrafi di analisi, pure la sua posizione nello spazio ne testimonia il senso di immobilità. La sensazione di blocco, di chiusura e di difficoltà comunicativa è ulteriormente acuita dalla regia: mantenendo la stessa inquadratura per quasi tutta la durata del primo frammento, la porta sullo sfondo appare uno spazio scenografico che divide nettamente in due i campi dei contendenti, riquadrando la signora Durain nell'anta sinistra, la stessa da cui era stata "cacciata" poco prima una madre troppo invadente.

Viceversa, la seconda operatrice resta in questo spazio intermedio solo per pochi istanti. Dopo che il direttore inizialmente le ha impedito l'entrata, lasciandola fuori, al suo secondo tentativo è lei che irrompe sulla soglia e subito dopo si muove nel corridoio di ingresso, lasciando Daniel immobile e stupito. Non a caso, la parte più importante del secondo frammento si svolge all'interno di un'aula, ove Samia appare perfettamente a suo agio: si siede, gironzola guardando i disegni dei bambini, chiacchiera tranquillamente con il suo interlocutore.

Anche il rapporto tra spazio e personaggi testimonia quindi le differenze tra le due operatrici sociali: la prima subisce la situazione e non sembra trovare un equilibrio con il contesto che la circonda; la seconda non si arrende alle difficoltà iniziali e, pur lottando, tenta di interagire attivamente con la realtà in cui deve intervenire, dimostrando un'immediata capacità di relazionarsi con gli altri attori sociali.

I gesti chiave

Non è facile individuare un gesto emblematico nella fissità che caratterizza la prima assistente sociale. Anzi, proprio l'assenza di gestualità, la rigidità fisica e la sua passività possono essere considerati inazioni che tipizzano il personaggio, anche se va considerata la brevità della sua apparizione e l'aggressività del suo interlocutore, il direttore della scuola.

Viceversa, nel caso della seconda operatrice, la scelta potrebbe essere molto ampia, vista la sua dinamicità fisica e la capacità di rapportarsi su più dimensioni. Tra i suoi gesti, due appaiono particolarmente emblematici, nella loro complementarità "strategica". In primo luogo, lo scampanellio prolungato che segue la sua iniziale messa alla porta: esprime bene il carattere combattivo del personaggio e la sua tenacia, non solo da un punto di vista personale, ma anche professionale, proponendo un'operatrice sociale che non si rassegna di fronte alla prima difficoltà, ma è anche disposta a "lottare" per esercitare le proprie funzioni.

Su questa vena combattiva si inserisce il secondo gesto chiave, che in realtà ne unisce due: stringere le mani di chi ha di fronte e togliersi il cappotto, restando con la giacca fucsia. Gesti apparentemente ovvii, di buona educazione, ma che in realtà - soprattutto se rapportati alla gelida signora Durain del primo frammento - esprimono non solo la capacità ma anche la voglia di rapportarsi con il contesto in cui si opera. Forse è un caso, ma tutti questi gesti sottolineati per Samia, denotano un profondo calore umano e l'intensità di sentimenti istintivi, tipici delle relazioni amicali: prima la rabbia per un affronto ritenuto ingiusto, poi la confidenza e il sentirsi a proprio agio con persone simili.

Tavernier non sembra avere dubbi: il miglior assistente sociale è quello che non sembra tale, ma agisce come una persona "normale". Dove finisce lo stereotipo e inizia la realtà?

Chi ne parla e come

L'attribuzione del ruolo alle due operatrici sociali avviene in modo differente. Nel primo caso è Daniel a esplicitare che la signora Durain lavora per i servizi sociali, mentre nel secondo caso è il personaggio di Samia a presentarsi in prima persona e a spiegare che è una puericultrice.

Anche i riferimenti esplicitati dalle due donne in relazione all'azione dei servizi sociali appaiono differenti. Durain si scusa in primis per la propria assenza e poi sembra utilizzare le difficoltà dei servizi come garanzia per l'impossibilità di seguire bene tutti i casi, come sintetizza la frase "siamo oberati di lavoro". Samia, al contrario, non nega le difficoltà dei servizi, ma le esplicita in tutt'altro modo: da un lato propone cifre concrete sulla sproporzione tra utenza e operatori, dall'altro collega le inefficienze interne ai servizi a quelle di altre agenzie territoriali, comprese quelle educative cui appartiene Daniel. Nelle sue parole i servizi vengono quindi citati non come universo chiuso che si trova per definizione in difficoltà, ma come agenzia legata al territorio che soffre di inadeguatezze strutturali e di problemi contingenti che tuttavia sono riscontrabili anche in altri luoghi.

E' interessante notare che le differenti rappresentazioni dei servizi sociali offerte dalle due operatrici stimolano reazioni non omogenee anche in Daniel, che reagisce alle "scuse" di Durain con accuse altrettanto generiche e livorose, mentre di fronte alle argomentazioni di Samia - che, giova ricordarlo, giungono dopo che la stessa ha già dimostrato la sua tenacia e combattività, rifiutando di essere messa alla porta - accetta di dialogare e di confrontarsi sulle comuni difficoltà e prospettive. In questo senso le due sequenze forniscono un esempio emblematico sulle differenti modalità comunicative generate da rappresentazioni che si fermano allo stereotipo o alla genericità dei luoghi comuni e, viceversa, da analisi che si fondano sulla reale complessità delle situazioni quotidiane.

Da che parte sta

Anche se il protagonista del film è Daniel, che lo spettatore segue praticamente dalla prima sequenza del film, nei frammenti qui presentati le due operatrici dei servizi sociali assumono nei suoi confronti ruoli completamente differenti. La regia tende a sottolinearlo, attivando per ciascuna di loro strategie narrative specifiche, che dovrebbero stimolare nello spettatore sensazioni di maggiore o minore lontananza dalle due donne.

Nel caso della signora Durain la posizione della macchina da presa è emblematica fin dal suo arrivo: noi spettatori ci avviciniamo alla porta seguendo Daniel, e siamo in posizione frontale - che assumerà presto una valenza oppositiva - quando lei entra nell'inquadratura. In occasione del dialogo il nostro sguardo non coincide mai con quello della donna e anche nel momento del suo allontanamento dalla scuola l'identità tra spettatore e Daniel, non solo a livello di gestione delle prospettive spaziali, è quasi totale.

Con l'arrivo di Samia, viceversa, la macchina da presa tende a seguire maggiormente lei che il protagonista, in particolare quando la donna riesce ad entrare nella scuola: in questo caso lo sguardo del registra ribalta completamente la situazione, attraverso un movimento di macchina che va verso l'interno, ad indicare una situazione di inclusione.

Anche nella gestione delle singole inquadrature non è paragonabile la centralità che assume Samia, cui sono dedicati molti piani specifici, rispetto invece alla marginalità in cui era relegata la signora Durain.

In questo modo, pur continuando a seguire le vicende di Daniel, lo spettatore è stimolato a interessarsi al personaggio della puericultrice, che assume tutt'altro spessore umano - e non solo professionale - rispetto alla prima operatrice, cui in definitiva l'identificazione stretta solo con il suo ruolo di assistente sociale sembra attribuire una funzione più burocratica e marginale.

Ipotesi di lettura

Il film di Tavernier permette di riflettere su due tipi differenti di Assistenti sociali, ma anche sul rapporto tra la professione e i criteri di efficienza dei servizi, la reticolarità dell'intervento, il livello di comunicazione con il territorio. Nel film, i servizi possono sembrare non centrali nella narrazione, ma il regista li utilizza alla pari di altre presenze significative sul territorio, dalla famiglia alla scuola, dalla polizia ai ritrovi informali del tempo libero, per indagare sul degrado umano e sociale che si verifica in zone colpite dalla crisi economica.

In quest'ottica le due scene qui selezionate non sembrano interessate a un'analisi del servizio sociale in sé, ma piuttosto mirano a connettere l'azione dei servizi e degli operatori all'interno di un contesto più ampio, in cui il piano teorico va relazionato con quello concreto e ogni professione - quella dell'insegnante come quella dell'Assistente sociale - va considerata non in termini assoluti ma in riferimento alla sua effettiva capacità di rispondere alle specifiche esigenze di un ambiente sociale, culturale ed economico.

Nello specifico, le due tipologie delle Assistenti sociali sono completamente differenti.

La prima che appare, la signora Durain, sembra inizialmente piuttosto impiegatizia, sia nel vestiario che negli atteggiamenti e nei modi di agire, corredata da borsa personale e da cartellina professionale che ben si accompagnano a un eloquio che prevede subito le scuse standard per il ritardo e per l'assenza del giorno precedente. Operativamente sembra caratterizzato dalla passività e dalla scarsa intraprendenza, al punto da essere espulsa fisicamente dal luogo in cui avrebbe dovuto intervenire. La sua posizione nello spazio ne testimonia il senso di immobilità, subisce la situazione e non sembra trovare un equilibrio con il contesto che la circonda; l'assenza di gestualità, la rigidità fisica e la sua passività diventano così inazioni che tipizzano il personaggio, pur considerando la brevità della sua apparizione e l'aggressività del suo interlocutore.

Anche sul piano dialogico, le poche frasi che riesce a smozzicare denotano un leggero imbarazzo per la propria assenza e tentano timide giustificazioni di fronte alle accuse del direttore, evocando i carichi di lavoro e la difficoltà di seguire tutti i casi. Il risultato è opposto agli intenti, poiché ad ogni giustificazione, l'insegnante protagonista del film, Daniel, rincara la dose, con una serie di lamentazioni che spesso ricorrono nell'immaginario sui servizi sociali: la burocratizzazione, l'inefficienza, l'incapacità di cogliere l'entità dei problemi da un punto di vista umano, la scarsa vocazione a lavorare in rete.

Agli occhi dell'insegnante, e probabilmente dello spettatore, la signora Durain appare così come la rappresentazione simbolica, prima ancora che fisica, dei servizi sociali, senza una propria identità ben caratterizzata, se non in senso negativo: non sono presenti quando servono, sono burocratici e autoreferenziali nel lamentarsi delle varie carenze che li affliggono.

Il secondo personaggio dovrebbe avere le stesse caratteristiche del primo, ma fin dal suo apparire fornisce un'altra impressione. Pur nella superficialità della rappresentazione visiva, che attiva stereotipi fisionomici, i lunghi e ricci capelli neri, lo sguardo più aperto e il modo di muoversi la distanziano dalla sua collega vista in precedenza, cui si aggiunge la giacca fucsia sfoggiata nella seconda parte, che testimonia uno stile brillante e moto femminile, oltre che elegantemente anticonformista rispetto al grigiore delle procedure standard. Anche la specificazione del suo ruolo la rende più "specifica": lei non è una rappresentante dei servizi sociali in senso lato, ma una puericultrice, con precise competenze rispetto alle esigenze dei bambini piccoli, ovvero dei referenti privilegiati del protagonista del film. Le prime sensazioni sono poi confermate dal carattere e dallo stile espressi nel prosieguo della sequenza: determinazione, ma anche affabilità; disponibilità, ma anche lucidità di analisi. Pur in pochi minuti di film, il personaggio lascia il segno e ha diritto ad avere un nome oltre che un cognome: Samia Damoui. Anche in questa denominazione, decisamente mediterranea, la sceneggiatura esprime un senso di calore che l'algida rappresentante vista prima non riusciva ad avere.

Samia è attiva e tenace e si inserisce nel contesto - l'aula con i disegni dei bambini, ma anche i discorsi sulle reticolarità del territorio, tra istanze politiche e bisogni sociali - dimostrando notevole capacità di relazionarsi con gli altri attori sociali. Nei suoi dialoghi sa attestare il senso del suo intervento, comprende l'irritazione di Daniel ma non ne giustifica l'irruenza maleducata, sa alternare la decisione con l'ironia, la profondità di analisi con le battute di spirito.

Ottenuto il rispetto per il proprio ruolo, il dialogo tra la puericultrice e il direttore si svolge poi in modo dialettico e mette in atto ciò che Daniel rimproverava come carenza alla prima Assistente sociale: la necessità di parlare lo stesso linguaggio e di travalicare le specificità di ruolo quando si ha che fare con la stessa utenza, in questo caso i bambini più svantaggiati. Pur essendo in servizio da poco più di un mese, Samia si dimostra non solo ben informata dei problemi del territorio ma anche consapevole della delicatezza dei rapporti e dei problemi cronici all'interno delle varie istituzioni, oltre che sinceramente interessata a conoscere ciò che fanno quotidianamente i bambini.

Anche i riferimenti esplicitati dalle due donne in relazione all'azione dei servizi sociali appaiono differenti. Durain si scusa in primis per la propria assenza e poi sembra utilizzare le difficoltà dei servizi come garanzia per l'impossibilità di seguire bene tutti i casi. Samia, al contrario, non nega le difficoltà dei servizi, ma le esplicita in tutt'altro modo: da un lato propone cifre concrete sulla sproporzione tra utenza e operatori, dall'altro collega le inefficienze interne ai servizi a quelle di altre agenzie territoriali, comprese quelle educative cui appartiene Daniel. Nelle sue parole i servizi vengono quindi citati non come universo chiuso che si trova per definizione in difficoltà, ma come agenzia legata al territorio che soffre di inadeguatezze strutturali e di problemi contingenti che tuttavia sono riscontrabili anche in altri luoghi.

E' interessante notare che le differenti rappresentazioni dei servizi sociali offerte dalle due operatrici stimolano reazioni non omogenee anche in Daniel, che reagisce alle "scuse" di Durain con accuse altrettanto generiche e livorose, mentre di fronte alle argomentazioni di Samia, accetta di confrontarsi sulle comuni difficoltà e prospettive. In questo senso le due sequenze forniscono un esempio emblematico sulle differenti modalità comunicative generate da rappresentazioni che si fermano allo stereotipo o alla genericità dei luoghi comuni e, viceversa, da analisi che si fondano sulla reale complessità delle situazioni quotidiane.

Nel frammento mostrato, merita sottolineare una battuta pronunciata da una maestra, mentre tutti si danno da fare per ripulire la scuola e si sente il campanello che non smette di suonare, dopo che Daniel aveva chiuso la porta in faccia a Samia: "Magari è l'idraulico". Nella nostra ottica, la battuta è emblematica: dopo due rifiuti esplicitati dal direttore di fronte a operatrici sociali, forse questa volta potrebbe trattarsi di un "operatore" che serve veramente, capace di dare una mano concreta per ripristinare la normalità. Nel seguito della sequenza, il comportamento di Samia, molto concreto e diretto, sembra esplicitare ulteriormente quali caratteristiche debba avere un'Assistente sociale per essere utile quanto un idraulico, dando per scontato, in modo piuttosto polemico, che se ci si limita alla burocrazia e alle parole - con riferimenti impliciti alla signora Durain - l'Assistente sociale appare abbastanza inutile per intervenire in contesti segnati dalla problematicità e dall'urgenza delle richieste.

Tavernier non sembra avere dubbi: il miglior Assistente sociale è quello che non sembra tale, ma agisce come una persona "normale". Dove finisce lo stereotipo e inizia la realtà?

Rinvii

Racconti e rappresentazioni

Individua le principali difficoltà emerse dalla sequenza in riferimento alla testimonianza dell'operatore intervistato da Alessandro Fulloni

Confronta le due operatrici sociali della sequenza con Hermione e Vera: che tipi emergono da queste due rappresentazioni?

Coni d'ombra

Valuta le azioni delle due assistenti sociali alla luce del dettato deontologico

Quali elementi della sequenza sembrano esplicitare meglio la necessità di un lavoro di rete così come viene descritto nel documento specifico?