La professione in Italia
Il quadro normativo
La definizione presentata è stata sostanzialmente fatta propria dal legislatore con il D.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, Valore abilitante del diploma di assistente sociale in attuazione dell'art. 9 del D.P.R. 10 marzo 1982, n. 162, in cui all'art. 2 è declinata l'identità della professione che "[...] consiste nell'operare, in rapporto di lavoro subordinato od autonomo, con i principi, le conoscenze, i metodi specifici del servizio sociale e nell'ambito del sistema organizzato delle risorse sociali, in favore di persone singole, di gruppi e di comunità, per prevenire e risolvere situazioni di bisogno".
Con la successiva Legge 23 marzo 1993, n.84 Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale, sono stati delineati il profilo e le funzioni del professionista. L'art. 1, infatti, stabilisce che "l'assistente sociale opera con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell'intervento per la prevenzione, il sostegno ed il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazioni di bisogno e di disagio e può svolgere attività didattico-formative. Svolge compiti di gestione, concorre all'organizzazione e alla programmazione e può esercitare attività di coordinamento e di direzione dei servizi sociali. La professione di assistente sociale può essere esercitata in forma autonoma o di rapporto di lavoro subordinato. [...]".
Dalla norma al profilo
In rapporto a quanto precede, tenuto conto degli orientamenti ulteriormente maturati dalla comunità professionale sulla base di sperimentazioni e ricerche che vedono impegnati gli operatori e le sedi formative, nonché dei processi evolutivi in atto nel sistema di welfare state, si può dire che oggi l'assistente sociale è il professionista che agisce, o come lavoratore dipendente, con funzioni di base, di coordinamento e di direzione, o come libero professionista, nell'ambito del sistema organizzato di risorse, pubbliche e private, istituzionali e non, in forza di mandati diversi (sociale, professionale, istituzionale), ma tra loro convergenti, secondo principi, valori ed obiettivi eticamente, socialmente e giuridicamente fondati. Il suo scopo è di porre in atto, in un contesto relazionale empatico e nel rispetto dei principi deontologici e delle garanzie giuridiche, anche coordinandosi operativamente e funzionalmente con altri professionisti ed operatori, interventi - unitari, globali, integrati e concertati - di aiuto, di affiancamento, di accompagnamento, caratterizzati da logica processuale e progettuale, personalizzati ed individualizzati, cioè soggettivamente validi ed efficaci, a favore di persone, gruppi e comunità. Il sostegno che l'assistente sociale fornisce a tali soggetti consiste in percorsi - responsabilmente partecipati, individuati e definiti - di superamento autonomo dei problemi e dei bisogni, o degli stati di disagio, di esclusione, di marginalità che limitano e condizionano il processo emancipativo degli stessi, mediante il corretto ed efficace utilizzo delle competenze e risorse di cui sono portatori, nonché di quelle afferenti al sistema istituzionale ed al non-profit, in un quadro dinamico di valutazione e verifica della funzionalità delle stesse, di promozione, progettazione e gestione di servizi, di modalità operative e di strumenti nuovi o innovativi, adeguati e rinnovabili, in aderenza con le particolarità e tipicità delle situazioni prese in carico e dei vissuti sottostanti alle medesime, contribuendo in tal modo alla crescita della cittadinanza attiva e corresponsabile del benessere individuale, comunitario e sociale.
Formazione ed evoluzione dei profili professionali
L'istituzione delle sezioni A e B dell'albo professionale, unitamente all'istituzione della "Laurea specialistica in programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali", cui si può accedere con la "Laurea in scienze del servizio sociale", hanno concretamente posto le basi giuridico-accademiche per il rafforzamento del processo di affermazione della professione. La collocazione dei professionisti ed il percorso formativo articolati sui due livelli, se da un lato rappresentano un'indiscutibile conquista della professione, dall'altro però pongono nuovi interrogativi circa la definizione dei livelli di specificità professionale e differenziazione operativa, correlati strettamente e coerentemente con l'identificazione dei livelli di complessità degli ambiti di intervento. L'esigenza di specificità e differenziazione è richiesta, oltreché per definire sempre più puntualmente i profili professionali dell'assistente sociale specialista e dell'assistente sociale e i contenuti dei percorsi formativi di cui si è detto, anche per individuare correttamente i relativi inquadramenti funzionali e contrattuali, oltreché i percorsi di sviluppo e di progressione nella carriera, con particolare attenzione all'accesso alla dirigenza. Attualmente questi aspetti, che presentano punti di obiettiva e rilevante criticità, sono oggetto di approfondimento e dibattito da parte dell'Ordine nazionale e dei Ministeri interessati in attuazione di quanto previsto dalla citata L. 328/2000 in tema di definizione delle professioni sociali e dei relativi profili. La dinamicità e la complessità delle aree problematiche e delle situazioni favorenti processi di esclusione, in un contesto di diffuse incertezze, impongono, altresì, sempre di più agli assistenti sociali, a prescindere da quelle che saranno le determinazioni ministeriali previste dalla legge richiamata, di sviluppare percorsi di formazione permanente e di momenti formalizzati di supervisione individuale, di gruppo e per progetti per accrescere ed attualizzare il sapere e le pertinenti competenze professionali in funzione della reale incisività sociale del proprio lavoro nel rispetto degli obiettivi e delle funzioni eticamente e giuridicamente fondate (Allegri, 1997, 2000).
La libera professione
In questo quadro evolutivo un aspetto di sicuro interesse è quello costituito dalla possibilità di esercitare la libera professione che, dai dati disponibili (Ordine Nazionale Assistenti Sociali - Censis 1999) sembra interessare più del 3% degli iscritti all'albo professionale. Si può dire che allo stato attuale la libera professione è per lo più esercitata da assistenti sociali impegnati in attività di formazione di base e specialistica (docenti a contratto nei corsi di laurea triennale e nei corsi di laurea specialistica), di formazione permanente, di supervisione individuale e di gruppo, di consulenze periziali, oltreché nella ormai consolidata attività in qualità di esperti nei collegi giudicanti presso il Tribunale per i minorenni. Accanto a queste esperienze, però, comincia anche a delinearsi e a prendere corpo un'attività di consulenza (Gui, 2001) a favore di singoli e di famiglie, nonché di progettazione nel campo dei servizi e del lavoro sociale per obiettivi. Il tema nel suo complesso richiede, peraltro, un sostanziale approfondimento nei suoi diversi aspetti e significati per definire spazi e competenze del libero professionista in coerenza con l'assetto complessivo della professione e con la sua specificità, tenuto conto che la storia della professione e del suo sviluppo sono strettamente correlate al sistema di sicurezza sociale vigente ed al connesso mandato istituzionale che, fin dall'origine, ha legittimato ed ha contribuito a delineare, anche se in un quadro di obiettivi condizionamenti, i compiti e le funzioni dei professionisti. In sintesi si può dire che il riconoscimento giuridico e la costruzione disciplinare del servizio sociale costituiscono a tutt'oggi traguardi fondamentali del processo di legittimazione e visibilità della professione, ma contemporaneamente sono punto d'avvio di nuovi percorsi di ricerca che, con coerenza e continuità, ma nella prospettiva del nuovo e del rinnovabile, mettano in grado gli assistenti sociali di rispondere compiutamente alle sfide poste dai nuovi bisogni, dalle riforme, dal mercato, dalla libertà di circolazione dei professionisti in ambito comunitario, anche in funzione della costruzione e crescita della cittadinanza europea.
Dove lavora l'Assistente sociale
Tradizionalmente l'area di cui si occupa l'assistente sociale è quella dei problemi posti dalla povertà, in senso globale e relativo, vale a dire economica, sociale e relazionale ed in genere l'area della marginalità, del disagio, dello svantaggio, dell'esclusione sociale. L'assistente sociale, di conseguenza, trova collocazione professionale nei servizi istituiti per la soluzione di problemi individuali, famigliari e sociali, sia in senso preventivo che riparativo, nei servizi sanitari e sociosanitari, in quelli preposti alla cura della malattia mentale, al trattamento e prevenzione della devianza e della tossicodipendenza, nei servizi e centri operanti nel campo dell'immigrazione e dell'integrazione interculturale, in quelli che si occupano dei "senza fissa dimora", nei servizi per l'occupazione e nelle aziende, nei programmi di sviluppo di comunità, nei servizi sociali internazionali. La presenza degli assistenti sociali è andata progressivamente aumentando, sia perché si sono ampliati gli ambiti operativi a causa della crescente complessità sociale ed al manifestarsi di nuove aree di povertà ed esclusione, sia per l'aumentata consapevolezza da parte delle istituzioni delle necessità di personale qualificato professionalmente per farvi fronte e per la contestuale emanazione di norme nazionali e regionali, in materia di salvaguardia dei diritti di cittadinanza, in cui viene espressamente prevista la figura dell'assistente sociale tra le professionalità da acquisire per dare corpo e contenuto ai programmi ed agli interventi connessi.
Quanti sono gli assistenti sociali in Italia
Gli assistenti sociali, che attualmente, sulla base dei dati disponibili (Ordine Nazionale Assistenti Sociali - Censis 1999; EISS, Ente italiano di Servizio Sociale, 2003) risultano essere più di 30.000, sono presenti, in posizione dipendente con ruoli di base o di coordinamento, soprattutto all'interno di strutture pubbliche, in particolare nei servizi sociali degli Enti locali (Comune, Provincia e Regione), nella Aziende Sanitarie Locali (ASL), in alcuni Ministeri, quali il Ministero della Giustizia nei settori minori ed adulti, del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell'Interno e nelle articolazioni territoriali dello stesso, vale a dire le Prefetture ed infine nelle organizzazioni afferenti al settore non-profit (ONLUS) con particolare riferimento alle cooperative sociali. Nei servizi territoriali di base, intendendo con tale dizione sostanzialmente i servizi dei Comuni e quelli dei distretti delle ASL, gli assistenti sociali possono esplicare, oltre alle tradizionali funzioni curativo/riparative, di filtro della richiesta e di orientamento verso servizi specifici o specialistici in rapporto alla peculiarità dei problemi affrontati, anche funzioni di monitoraggio e valutazione in tempo reale e nel loro divenire dei fattori che intervengono o possono intervenire nell'insorgenza e problematicizzazione dei bisogni, della domanda sociale, espressa e latente, nonché quella propositiva e di progettazione di modifiche istituzionali ed organizzative necessarie per facilitare l'incontro emancipativo tra bisogni dei cittadini e risposte sociali presenti o da costruire, nel rispetto della dialettica tra diritti esigibili e doveri imprescindibili. Si tratta di una collocazione strategica per l'implementazione del welfare a base locale, per sollecitare risposte autonome ed efficaci, mirate e commisurate alle particolarità del territorio di riferimento mediante programmi ed azioni integrati.