Stampa

a cura di Fabrizia Bagozzi


Quasi mai protagonisti, anche quando sono fra i motori dell'azione. Spesso raccontati nel contesto di eventi di cronaca in cui si trovano giocoforza coinvolti, meno di frequente identificati a prescindere: narrati, per esempio, in relazione al proprio agire professionale. Raramente presenti 'in prima persona', considerati 'in soggettiva'. E' in genere questo il posizionamento degli assistenti sociali nelle descrizioni/narrazioni giornalistiche (o di stampa) che sono state prese in considerazione nel corso di quest'indagine che ha carattere eminentemente qualitativo, nonostante la varietà e la quantità di articoli vagliati.

L'immagine dell'assistente sociale oscilla qui fra la figura del 'ladro di bambini' freddo, burocratico e ambiguo nel dire e nel fare, in stretta relazione all'applicazione di una legge considerata astratta e distante, e l'idea dell'attore sociale 'titanico', eroico, proteso a una missione per la quale è richiesta 'fede'. In mezzo, alcuni altri tratti prevalenti: l'assistente sociale come colui che combatte una guerra di trincea contro un disagio soverchiante per affrontare il quale non è sufficientemente attrezzato dal 'pubblico', come elemento - troppo assente o troppo presente - di un 'meccanismo' altamente burocratico, come professionista che svolge un mestiere ad alto rischio, e infine, anche se si tratta di una descrizione/narrazione meno frequente, come attore sociale il cui lavoro va e deve essere considerato, appunto, una professione. Va poi rilevato che in molte notizie, definite nel gergo giornalistico 'brevi', l'assistente sociale compare sovente, nella pura descrizione dei fatti, come elemento di aggancio e di sostegno per coloro che si trovano in situazioni difficili, la 'sentinella del territorio', l'amo per venir fuori dal caos. Meno ricorrenti, ma identificati dalla ricerca, i casi in cui la descrizione/narrazione accende il riflettore sulla dimensione soggettiva, sul vissuto legato all'azione professionale, in cui l'assistente sociale assume contorni e sfumature meno noti.

Più in generale, è opportuno sottolineare che questa indagine ha contribuito a evidenziare come esista una dialettica fra il ruolo dell'assistente sociale, la sua mission di specie, ciò che impone il codice deontologico e l'esigenza di raccontare propria del giornalismo, a prescindere da considerazioni (scientifiche, fattuali, polemiche) sulla natura 'stereotipante' o 'deformante' delle descrizioni/narrazioni di natura giornalistica.

Questa ricerca è stata realizzata consultando prevalentemente quotidiani a larga tiratura e l'archivio elettronico dell'agenzia di stampa Ansa. Sono stati vagliati i seguenti giornali nei seguenti periodi:

*La Stampa, anno 1989; anno 2003 (nei mesi da gennaio a giugno);

*La Repubblica, anno 1989; anno 1997; anno 1998; anno 2001;

* L'Unità, anno 1989;

*Il Messaggero, anno 1993 (nei mesi di aprile e maggio), anno 1998 (nei mesi da marzo a settembre);

*Il Corriere della sera, anno 1989 (nei mesi di marzo, aprile, maggio); 1998; anno 1997 (nei mesi da giugno a dicembre);

*L'Alto Adige, cronaca di Trento anno 1998 (marzo-aprile);

*Metro, anno 2004 (nei mesi da gennaio ad aprile)


Agenzie di stampa:

*Ansa, archivio elettronico dall'anno 1989 al 2003.

*Il redattore sociale, anno 2004