Teorie e metodi

a cura di Michele Marangi

L'ipotesi di ricerca che fonda il percorso Racconti e rappresentazioni si sviluppa a partire da una prospettiva di analisi che oggi appare fortemente radicata in molte teorie di Sociologia della comunicazione, pur considerando la molteplicità degli approcci e la specificità delle tipizzazioni e delle specifiche declinazioni che si possono riscontrare: il rapporto tra individuo, sistema sociale e sistema mediale è strettamente interconnesso e interattivo (Livolsi 2000) e ciascuno di questi tre poli agisce e reagisce al tempo stesso in maniera dinamica con gli altri due.

In questo processo i mass media e le forme di narrazione più diffuse assumono un ruolo chiave, sia in riferimento alla loro diffusione nella cultura contemporanea, sia per la loro capacità di condensare i saperi, le percezioni e l'immaginario di una cultura e di una società. In un rapporto di continua osmosi, l'universo dei media e delle narrazioni accoglie e riproduce codici comportamentali e significati culturali, rielaborandoli e producendone di nuovi, ma soprattutto registrando le percezioni dominanti e contribuendo a rafforzarle - o a modificarle - attraverso la massiccia diffusione e la codificazione in immagini, scrittura, dialoghi che spesso dà vita a tipizzazioni visive e simboliche di grande impatto (Abruzzese, 2000; Fatelli e Morcellini, 2000).

La scelta di utilizzare due media più caratterizzati in senso narrativo, quali il cinema e la letteratura, e due più votati all'immediatezza della cronaca o alla sensazione della diretta, quali la stampa e la televisione, ambisce ad intrecciare continuamente il piano della riproduzione con quello della rappresentazione, unendo gli aspetti comunicativi legati all'oggettività testuale con processi di significazione e modalità di apprendimento che si riferiscono alla condivisione o meno, sul piano personale e sociale, di simbologie e tipizzazioni diffuse nell'immaginario collettivo.

Anche i media, dunque, diventano parte attiva e integrante del complesso sistema delle rappresentazioni sociali, intese come strutture socio-cognitive che consentono agli individui o ai gruppi di far corrispondere un concetto a un'immagine e viceversa, trasformando qualcosa di astratto in un oggetto concreto, che spesso assume forma testuale o iconica e che, nato come strumento esemplificativo del concetto, nel tempo tende a essere percepito e condiviso socialmente come la vera realtà del concetto stesso. ((Farr e Moscovici, 1989; Jodelet, 1992; Livolsi 2000).

Il tentativo di intrecciare continuamente il livello individuale e quello sociale, ma anche quello materiale e quello simbolico, esplica così l'intenzione di non considerare le varie fonti utilizzate - ovvero gli articoli dei quotidiani, i brani tratti dai romanzi, i frammenti televisivi e le sequenze cinematografiche - solo da un punto di vista meramente testuale, ma come strumenti che permettono di interrogarsi sulle rappresentazioni sociali di un dato fenomeno.

Nel rapporto tra individuo e società i media assolvono quindi un ruolo di primaria importanza, non solo in riferimento all'universo mediatico in sé - inteso nelle sue componenti tecnologiche, estetiche, culturali, economiche e sociali - ma anche considerando il concetto di "mondo mediato" (Silverstone, 2002): il contesto in cui ciascun individuo vive e che in parte contribuisce a costruire è frutto di una continua mediazione tra esperienza, comprensione di quell'esperienza e tentativo di rappresentarla per comunicarla, in una dialettica continua tra il piano esperienzale/materiale e quello cognitivo/simbolico.

In questa prospettiva, i media diventano oggetti di comunicazione in un duplice senso: offrono informazioni e moltiplicano rappresentazioni dal generale al particolare, connettendo la dimensione sociale a quella individuale; ma al tempo stesso accolgono e sintetizzano precise istanze ed esigenze individuali, traducendo richieste e bisogni, materiali e simbolici, espressi da chi li utilizza.

A tale duplicità si accompagna anche quella riferita ai singoli testi, la cui effettiva possibilità

di comunicazione è legata al duplice processo di encoding/decoding (Livolsi 2000). In questo binomio inscindibile, il processo di encoding si riferisce alla messa in codice, ovvero alla traduzione delle intenzioni dell'emittente in stilemi linguistici e narrativi tipici di una specifica forma testuale. Tale atto non è però sufficiente per permettere processi di comunicazione, poiché senza l'attività di decoding del fruitore, il testo rimane inattivo: è quindi necessario considerare la decodifica del testo, che avviene su molteplici livelli possibili. Ad esempio analizzando i codici linguistici e narrativi utilizzati, oppure valutando la comprensione immediata del messaggio, o ancora la sua contestualizzazione rispetto a percezioni individuali e/o rappresentazioni sociali.

Proprio considerando l'inscindibilità del rapporto tra testo e fruitore e la necessità di intendere il processo comunicativo non in senso statico e univoco, ma piuttosto come atto complesso che attiva diverse sfere e competenze - individuali e sociali, materiali e simboliche - a livello metodologico si è scelto di privilegiare una prospettiva socio-semiotica, in cui l'analisi dei codici linguistici e narrativi non è mai scissa dal tentativo di operare la contestualizzazione del testo in riferimento a una prospettiva più ampia che consideri anche la ricorrenza di certe tipologie, simboli e definizioni che si radicano non tanto nel testo in sé quanto nel contesto socio-culturale che in qualche modo ha contribuito alla sua codificazione. Al tempo stesso, la griglia di analisi utilizzata risponde anche a delle esigenze di tipo semio-pragmatico, che consentano la lettura del testo anche in relazione alle presunte dinamiche di utilizzo da parte del fruitore (Rivoltella, 1998).

Tale approccio si basa sulla convinzione che, a prescindere da una maggiore o minore volontà ideologica, un testo mette in scena non solo un punto di vista personale dell'autore, ma registra le tracce del momento storico in cui è stato prodotto o dell'approccio sociale e culturale con cui viene affrontato un singolo tema. In sede di analisi è quindi imprenscindibile interrogarsi non solo su ciò che è stato visto o letto, come testimonianza più o meno diretta del tema affrontato, ma anche sul dispositivo di rappresentazione e di messa in codice che, in qualche modo, segnala particolari opzioni scelte per situare la narrazione in un atteggiamento sociale, storico e ideologico particolare.

In riferimento a questi aspetti appare significativa la categoria di "visibile" (Sorlin, 1979), elaborata specificamente per il cinema, ma qui estensibile anche ad altri media, perlomeno nella sua accezione più ampia: il "visibile" di un'epoca è ciò che i fabbricanti di immagini - iconiche o meno - cercano di captare per trasmetterlo, e ciò che gli spettatori accettano senza stupore. Il visibile è quello che appare fotografabile e presentabile in un'epoca data e più che il reale mostra i frammenti del reale che il lettore o lo spettatore accetta e riconosce.

Nelle analisi dei diversi frammenti si è così sempre tenuto conto di una triplice prospettiva, che ci appare trasversale ai differenti media analizzati. Ogni testo opera come una finestra, che permette di conoscere e confrontarsi con altre realtà, luoghi ed epoche: pur tenendo conto delle inevitabili codificazioni linguistiche e delle stilizzazioni narrative, non solo i media più legati alla cronaca, come la tv e la stampa, ma anche quelli più strutturati secondo processi di fiction, come il cinema e la letteratura, pongono in comunicazione il fruitore con frammenti di realtà, che scatenano differenti reazioni e interpretazioni, istintive e mediate razionalmente.

Proprio tale coinvolgimento emotivo esplica l'azione dei media anche come specchio personale, in cui ciascun fruitore, volendo, può leggere i paradigmi del proprio sistema interpretativo e il tipo di reazioni che si sono scatenate istintivamente di fronte a certi personaggi o a certi temi trattati. Senza giungere ad un'autoanalisi psicologica, lo spettatore può comunque rendersi conto della propria "visione del mondo", attraverso il livello di maggiore o minore partecipazione emotiva e la riconoscibilità di certi pregiudizi o stereotipi che operano inconsapevolmente di fronte alla lettura di specifiche situazioni narrative. In questa accezione, i media possono essere utilizzati come potenti strumenti auto-formativi, per riflettere sulle proprie dinamiche conoscitive e interpretative di fenomeni sociali e culturali.

Ma oltre a "rispecchiare" le proprie modalità di significazione del mondo, i media sono anche un potente specchio sociale, che riflette il livello di stereotipia e paradigmaticità in relazione a certi temi o situazioni storiche. A prescindere dai casi di esplicita manipolazione ideologica, un testo mediatico mette sempre in scena la società che lo produce, in quanto espressione culturale, economica, artistica e antropologica di tale società (Ortoleva, 1991).

Su queste basi, la scelta dei frammenti e la tipologia delle analisi condotte si pongono come spunti per stimolare letture stratificate e complesse, che non vogliono esaurire tutte le possibili piste di significazione del frammento esaminato - operazione di per sé aleatoria e non plausibile - ma invitare a riconnettere il piano delle rappresentazioni mediatiche con quello delle percezioni più diffuse in relazione alla figura dell'Assistente sociale, per approfondire la riflessione sulla dialettica che caratterizza tale professionalità in riferimento al rapporto tra la dimensione dell'agire e quella dell'apparire.