Orme nel cielo
Orme nel cielo
Einar Mar Gudmundsson
La trama
Orme nel cielo, Einar Mar Gudmundsson (Fótspor á himnum; I ed: Mál og Menning, Reykjavik, 1997), 2003, Milano, Iperborea
Uno spaccato dell'Islanda degli inizi del XX secolo, la storia di un'epoca dura, in cui ancora si moriva di fame. È la storia di nonna Gudný, che dovrà separarsi dai suoi dieci figli dati in affido e che trascorrerà il tempo della sua vita fra Esercito della salvezza e partito socialista e di suo marito Olafur, pescatore bravo a sfidare il mare e le tempeste, ma incapace di sopportare la povertà della sua famiglia e di resistere al richiamo dell'alcol. Intorno una folla di personaggi dal destino imprevedibile destinati a perdersi fra il mare d'Islanda, la guerra civile spagnola e l'America.
Il testo
"A questo punto della storia i fratelli erano ormai in grado di sedersi vestiti della festa sul divano a bere il caffè e a fumare il sigaro, e non avevano più ragione di temere che arrivasse l'assistente sociale e li spedisse in campagna".
P.93
" (…) Questa saggezza non può essere ammannita a Simon, l'assistente sociale.
Lui vuole informazioni su un uomo che diventa cattivo con l'alcol. La base del suo vocabolario è composta di parole come "ubriachezza", "miseria" e "squallore".
Loro sono come attori che calcano accigliati la scena. Lui sta seduto in platea, ma non applaude.
"Il mio Olafur è comunque un gran brav'uomo", dice la nonna.
"Ti mette le mani addosso?", domanda Simon.
"Ma no, sei matto? Non farebbe del male a una mosca. È cattivo solo con se stesso.".
"Con te è buono, allora?, dice Símon tenendole gli occhi addosso.
"Sì, è buonissimo, solo che è un po' strambo, come tanti altri della sua specie".
"Che specie?".
"Quella dei pescatori".
"E tu puoi pensare di vivere sotto il suo stesso tetto?".
"Ho giurato di restargli accanto quando l'ho sposato e intendo mantenere il giuramento".
P. 113
"Lui vuole informazioni su un uomo che diventa cattivo con l'alcol. La base del suo vocabolario è composta di parole come "ubriachezza", "miseria" e "squallore"".
P.113
"L'assistente sociale Símon indossava stivali e cappotto, e in testa aveva un cappello nero. Si tolse il cappello guardandosi attorno nel seminterrato, attento, con l'aria di un chiaroveggente".
p.115
"…Símon, i suoi occhi tristi e il volto intagliato".
p.116
"L'assistente sociale Símon era un uomo alto e magrissimo. I lineamenti del volto erano netti e duri e aveva sempre borse sotto gli occhi grandi e malinconici"…
"Alla nonna ricordava il tipo del contadino appassionato di libri".
p.119
"Era come quando il buio della notte si levava dalle profondità dell'anima e si abbatteva su Símon nei brevi giorni invernali, e lui se ne stava intorpidito e spossato, con il vuoto negli occhi".
p.115
"…ma non gli era capitato spesso di stare con i piedi nella fanghiglia gelata a guardare i bambini negli occhi. Se c'era qualcosa che faceva scattare le molle del sentimento nel cuore di Símon erano proprio gli occhi dei bambini".
p.116
""Ci siamo incontrati a Grimsby?" domanda Olafur (il capofamiglia, ndr.), ricordando vagamente di aver visto in quel luogo uomini così eleganti camminare per strada…"
p.118
"Aveva fatto il sellaio, ma quel lavoro l'aveva abbandonato, ora faceva l'assistente sociale per il comune, e inoltre vendeva vestiti…"
p.119
"Símon fu contento di sentire quelle parole. Una luce comparve nei suoi occhi malinconici. La serietà del volto si attenuò. Lui era un sostenitore del partito progressista e, come la mamma e tanti altri che erano venuti in città dalla campagna, metà del suo cuore era rimasta tra i pascoli".
p.122
"Io però sono qui per prendermi cura di lei" (dice S. alla protagonista, ndr).
p.116
"(…) (Símon) incominciò a prendere in esame i bambini: erano a casa perché non avevano scarpe e non potevano uscire se faceva freddo o c'era bagnato (…) L'assistente sociale Símon scarabocchiò qualcosa su un foglio, poi si fermò a riflettere, così assorto e pensieroso che la nonna non osò rivolgergli la parola (…)
Símon annuiva, scarabocchiava e continuava a pensare (…)".
"Poi Símon si mise a fare domande a Gudný riguardo la salute dei bambini e altro".
p.117
"È stato come mi immagino che sia scendere in una miniera di carbone", scrisse quella sera Símon sul suo diario per descrivere lo scantinato di Sjómannastígur (l'abitazione della famiglia, ndr). Teneva un diario fin da quando era un ragazzino di campagna, nel Borgarfjördur. La nonna aveva ragione: amava i libri".
p.119
"Lui vuole informazioni su un uomo che diventa cattivo con l'alcol. La base del suo vocabolario è composta di parole come "ubriachezza", "miseria" e "squallore".
Loro sono come attori che calcano accigliati la scena. Lui sta seduto in platea, ma non applaude.
"Il mio Olafur è comunque un gran brav'uomo", dice la nonna.
"Ti mette le mani addosso?", domanda Simon.
"Ma no, sei matto? Non farebbe del male a una mosca. È cattivo solo con se stesso.".
"Con te è buono, allora?, dice Símon tenendole gli occhi addosso.
"Sì, è buonissimo, solo che è un po' strambo, come tanti altri della sua specie".
"Che specie?".
"Quella dei pescatori".
"E tu puoi pensare di vivere sotto il suo stesso tetto?""
p.114
"Il mio Olafur è comunque un gran brav'uomo", dice la nonna.
"Ti mette le mani addosso?", domanda Simon.
"Ma no, sei matto? Non farebbe del male a una mosca. È cattivo solo con se stesso.".
"Con te è buono, allora?, dice Símon tenendole gli occhi addosso.
"Sì, è buonissimo, solo che è un po' strambo, come tanti altri della sua specie".
"Che specie?".
"Quella dei pescatori".
"E tu puoi pensare di vivere sotto il suo stesso tetto?".
p. 114
"Io però sono qui per prendermi cura di lei" (dice alla protagonista, ndr)
p.116
""È stato come mi immagino che sia scendere in una miniera di carbone", scrisse quella sera Símon sul suo diario per descrivere lo scantinato di Sjómannastígur"
p.119
(Gudný) "È lì, nel seminterrato, e non possiede niente, solo i suoi bambini. Non ha cibo da dar loro da mangiare. Non ha abiti per vestirli. Non ha niente…."
p.113
…"Nelle settimane precedenti aveva nevicato e ora la neve si stava sciogliendo, i ghiaccioli cadevano dalle grondaie e gli ammassi di ghiaccio fondevano.
Quando sgelava, l'acqua penetrava nel seminterrato. Símon si ritrovò tutt'a un tratto immerso fino alle caviglie nella fanghiglia gelida. L'umidità e il buio lo sopraffecero.
Era come quando il buio della notte si levava dalle profondità dell'anima e si abbatteva su Símon nei brevi giorni invernali, e lui se ne stava intorpidito e spossato, con il vuoto negli occhi (…)"
p.115
"Lui sta seduto in platea"
p.113
"Si tolse il cappello guardandosi attorno nel seminterrato, attento, con l'aria di un chiaroveggente"
p.115
"… a guardare dei bambini negli occhi. Se c'era qualcosa che faceva scattare le molle del sentimento nel cuore di Símon erano proprio gli occhi dei bambini"
p.116
"(Gudný, ndr.) Adesso era accanto al fornello e guardava Símon, i suoi occhi tristi e il volto intagliato"
p.116
"…e aveva sempre borse sotto gli occhi grandi e malinconici"
p.119
"…Una luce comparve nei suoi occhi malinconici"
p.122
"Qualche giorno più tardi quando Símon, l'assistente sociale, fa la sua comparsa nel seminterrato (dove viveva la famiglia, ndr) come un apostolo sceso dal cielo, il suo volto cambia visibilmente colore"
p.115
"Kári e Ragnar (due dei figli, ndr) osservavano l'assistente sociale come fosse un fenomeno misterioso, più un personaggio da fiaba che una persona reale. Sigrún aveva paura di lui e si mise a piangere e a strillare non appena lo vide. "Sentivo che era venuto per portarmi via dalla mamma" disse in seguito"
p.117
."Símon era un tipo veramente spontaneo", dice Kári (un altro dei figli ormai adulto, ndr). "Quando facevi la confermazione, il vestito della confermazione te lo regalava lui""
p.119
"A volte veniva più di una volta al giorno. Era una specie di amico di famiglia"
La messa in scena
La cornice
Il testo
"A questo punto della storia i fratelli erano ormai in grado di sedersi vestiti della festa sul divano a bere il caffè e a fumare il sigaro, e non avevano più ragione di temere che arrivasse l'assistente sociale e li spedisse in campagna".
P.93
" (…) Questa saggezza non può essere ammannita a Simon, l'assistente sociale.
Lui vuole informazioni su un uomo che diventa cattivo con l'alcol. La base del suo vocabolario è composta di parole come "ubriachezza", "miseria" e "squallore".
Loro sono come attori che calcano accigliati la scena. Lui sta seduto in platea, ma non applaude.
"Il mio Olafur è comunque un gran brav'uomo", dice la nonna.
"Ti mette le mani addosso?", domanda Simon.
"Ma no, sei matto? Non farebbe del male a una mosca. È cattivo solo con se stesso.".
"Con te è buono, allora?, dice Símon tenendole gli occhi addosso.
"Sì, è buonissimo, solo che è un po' strambo, come tanti altri della sua specie".
"Che specie?".
"Quella dei pescatori".
"E tu puoi pensare di vivere sotto il suo stesso tetto?".
"Ho giurato di restargli accanto quando l'ho sposato e intendo mantenere il giuramento".
P. 113
"Lui vuole informazioni su un uomo che diventa cattivo con l'alcol. La base del suo vocabolario è composta di parole come "ubriachezza", "miseria" e "squallore"".
L'analisi
Il primo frammento riguarda il punto in cui l'assistente sociale viene evocato per la prima volta. Non è qui il personaggio concreto, con un nome, descritto nelle pagine successive, bensì l'evocazione di un ruolo professionale che avrà un ruolo fondamentale nella vicenda personale dei personaggi. Il timore dell'"arrivo dell'assistente sociale", l'affidamento alle altre famiglie, descritto come la "spedizione" impersonale di pacchi postali ne fanno una specie di entità indistinta, foriera di eventi negativi. Dal punto di vista dei tempi della narrazione questa è la fine della storia e i personaggi, ormai adulti, possono ripensare al passato senza paura. L'assistente sociale occupa un breve spazio nell'arco della narrazione complessiva (nove pagine su 253), che copre quasi un secolo della storia dell'Islanda. Il personaggio viene introdotto circa a metà del tempo della narrazione (che non segue una scansione lineare, ma è contrassegnata da continui flash back e flash forward), in un momento preciso della saga in cui la famiglia protagonista viene smembrata dall'affidamento, per decisione dell'assistente sociale stesso, di alcuni dei dieci figli ad altre famiglie delle campagne circostanti Reykjavik. Il secondo frammento è esemplare di un incontro dell'assistente sociale con la famiglia sulla cui sorte bisogna decidere. Símon, questo è il nome dell'assistente sociale, viene qui introdotto attraverso la pratica professionale. La narrazione si alterna fra i due punti di vista del narratore, presumibilmente l'ultimo discendente della famiglia protagonista), e quello di alcuni dei personaggi interni, coinvolti negli eventi. La scena è costruita come se i personaggi calcassero il palcoscenico di un teatro su due livelli: i lettori/spettatori, che hanno già familiarizzato con le disperate vicende di povertà e disagio della famiglia, assistono alla rappresentazione complessiva della famiglia sotto osservazione da parte dell'assistente sociale, spettatore anch'esso, che utilizza il colloquio per ottenere conferme all'idea del "caso"che ha già elaborato. Nella parte di dialogo, Símon è l'antagonista di Gudný. Si fronteggiano su un piano dialettico di parità. Si intuisce una sorta di comprensione (si vedrà meglio dopo), costruita sul rispetto del professionista nei confronti della donna, ma anche sul riconoscimento da parte di quest'ultima del ruolo professionale. Ma è lui ad avere il potere dell'istituzione.
Come appare
Il testo
"L'assistente sociale Símon indossava stivali e cappotto, e in testa aveva un cappello nero. Si tolse il cappello guardandosi attorno nel seminterrato, attento, con l'aria di un chiaroveggente".
p.115
"…Símon, i suoi occhi tristi e il volto intagliato".
p.116
"L'assistente sociale Símon era un uomo alto e magrissimo. I lineamenti del volto erano netti e duri e aveva sempre borse sotto gli occhi grandi e malinconici"…
"Alla nonna ricordava il tipo del contadino appassionato di libri".
p.119
"Era come quando il buio della notte si levava dalle profondità dell'anima e si abbatteva su Símon nei brevi giorni invernali, e lui se ne stava intorpidito e spossato, con il vuoto negli occhi".
p.115
"…ma non gli era capitato spesso di stare con i piedi nella fanghiglia gelata a guardare i bambini negli occhi. Se c'era qualcosa che faceva scattare le molle del sentimento nel cuore di Símon erano proprio gli occhi dei bambini".
p.116
""Ci siamo incontrati a Grimsby?" domanda Olafur (il capofamiglia, ndr.), ricordando vagamente di aver visto in quel luogo uomini così eleganti camminare per strada…"
p.118
"Aveva fatto il sellaio, ma quel lavoro l'aveva abbandonato, ora faceva l'assistente sociale per il comune, e inoltre vendeva vestiti…"
p.119
"Símon fu contento di sentire quelle parole. Una luce comparve nei suoi occhi malinconici. La serietà del volto si attenuò. Lui era un sostenitore del partito progressista e, come la mamma e tanti altri che erano venuti in città dalla campagna, metà del suo cuore era rimasta tra i pascoli".
p.122
L'analisi
Símon è indicato solo col nome, spesso col nome e la professione. Da alcuni riferimenti al tipo di politica sociale per sradicare la povertà, messa in atto dalle istituzioni di quel periodo, si evince che Símon lavora per il Comune di Reykjavik. Non si distingue fisicamente dagli altri personaggi - in altre parti del romanzo si raccontano altri uomini alti e magri dai lineamenti del viso resi duri dal freddo e dalla durezza della vita stessa - se non per l'abbigliamento e per un certo modo d'essere. L'abbigliamento è indice di una certa sicurezza economica (porta stivali, cappotto e cappello in un posto in cui i bambini non escono di casa perché non possiedono scarpe) e in un altro punto del romanzo si fa riferimento al fatto che è proprietario un negozio di vestiti. Se ne ricava una figura non monolitica, uno spirito tormentato che assolve a un compito doloroso per la famiglia, ma non senza che questo compito lasci traccia sulla sua serenità. Non sembra addolorato per le singole situazioni, quanto piuttosto per le condizioni generali in cui vive la gente di cui deve occuparsi.
Che cosa fa
Il testo
"Io però sono qui per prendermi cura di lei" (dice S. alla protagonista, ndr).
p.116
"(…) (Símon) incominciò a prendere in esame i bambini: erano a casa perché non avevano scarpe e non potevano uscire se faceva freddo o c'era bagnato (…) L'assistente sociale Símon scarabocchiò qualcosa su un foglio, poi si fermò a riflettere, così assorto e pensieroso che la nonna non osò rivolgergli la parola (…)
Símon annuiva, scarabocchiava e continuava a pensare (…)".
"Poi Símon si mise a fare domande a Gudný riguardo la salute dei bambini e altro".
p.117
"È stato come mi immagino che sia scendere in una miniera di carbone", scrisse quella sera Símon sul suo diario per descrivere lo scantinato di Sjómannastígur (l'abitazione della famiglia, ndr). Teneva un diario fin da quando era un ragazzino di campagna, nel Borgarfjördur. La nonna aveva ragione: amava i libri".
p.119
"Lui vuole informazioni su un uomo che diventa cattivo con l'alcol. La base del suo vocabolario è composta di parole come "ubriachezza", "miseria" e "squallore".
Loro sono come attori che calcano accigliati la scena. Lui sta seduto in platea, ma non applaude.
"Il mio Olafur è comunque un gran brav'uomo", dice la nonna.
"Ti mette le mani addosso?", domanda Simon.
"Ma no, sei matto? Non farebbe del male a una mosca. È cattivo solo con se stesso.".
"Con te è buono, allora?, dice Símon tenendole gli occhi addosso.
"Sì, è buonissimo, solo che è un po' strambo, come tanti altri della sua specie".
"Che specie?".
"Quella dei pescatori".
"E tu puoi pensare di vivere sotto il suo stesso tetto?""
p.114
L'analisi
Il ruolo dell'assistente sociale si alterna in tutto l'arco del romanzo fra l'osservazione minuziosa dell'ambiente e le domande poste alla madre. Ha bisogno di informazioni su una situazione a lui già nota. Símon osserva la situazione, esamina, "scarabocchia" appunti su un foglio. Con distacco pone domande professionali che sembrerebbero sottendere una tesi già definita. Chiedere, osservare e scrivere sono gli atti dell'agire professionale, attraverso i quali egli arriverà alla decisione di dare i bambini in affidamento ad altre famiglie. Il risvolto personale dello scrivere risiede nella scrittura delle proprie impressioni con un diverso approccio emotivo, su un diario personale, anche se non è del tutto chiaro se sia uno strumento di lavoro o un luogo in cui la vita personale e quella professionale coincidono.
Che cosa dice
Il testo
"Il mio Olafur è comunque un gran brav'uomo", dice la nonna.
"Ti mette le mani addosso?", domanda Simon.
"Ma no, sei matto? Non farebbe del male a una mosca. È cattivo solo con se stesso.".
"Con te è buono, allora?, dice Símon tenendole gli occhi addosso.
"Sì, è buonissimo, solo che è un po' strambo, come tanti altri della sua specie".
"Che specie?".
"Quella dei pescatori".
"E tu puoi pensare di vivere sotto il suo stesso tetto?".
p. 114
"Io però sono qui per prendermi cura di lei" (dice alla protagonista, ndr)
p.116
""È stato come mi immagino che sia scendere in una miniera di carbone", scrisse quella sera Símon sul suo diario per descrivere lo scantinato di Sjómannastígur"
p.119
L'analisi
Il dire dell'assistente sociale si riassume in queste frasi scarne riferite ai due colloqui che ha con la protagonista e a una riflessione personale.
I suoi interventi sono resi sempre attraverso il discorso diretto e anche quando non hanno come oggetto specifico questioni relative al lavoro, hanno sempre il risultato professionale come scopo. Il linguaggio è scarno, semplice, contenuto. Un mezzo per mettersi sullo stesso piano dialettico degli utenti, anche se resta chiara la posizione di potere.. La mimica è appena accennata. Si potrebbe dire che l'assistente sociale si concretizza quasi esclusivamente attraverso le parole (nei colloqui) e gli sguardi (l'osservazione dell'ambiente).
Dov'è
Il testo
(Gudný) "È lì, nel seminterrato, e non possiede niente, solo i suoi bambini. Non ha cibo da dar loro da mangiare. Non ha abiti per vestirli. Non ha niente…."
p.113
…"Nelle settimane precedenti aveva nevicato e ora la neve si stava sciogliendo, i ghiaccioli cadevano dalle grondaie e gli ammassi di ghiaccio fondevano.
Quando sgelava, l'acqua penetrava nel seminterrato. Símon si ritrovò tutt'a un tratto immerso fino alle caviglie nella fanghiglia gelida. L'umidità e il buio lo sopraffecero.
Era come quando il buio della notte si levava dalle profondità dell'anima e si abbatteva su Símon nei brevi giorni invernali, e lui se ne stava intorpidito e spossato, con il vuoto negli occhi (…)"
p.115
L'analisi
La maggior parte delle scene in cui l'assistente sociale è presente si svolgono nel seminterrato che costituisce l'abitazione della famiglia, di cui non viene descritto molto, se non l'eterna presenza di umidità e gelo. Non si fa mai riferimento, nella narrazione, all'ufficio di Símon e per questa ragione si potrebbe dedurre che la sua attività si svolga nelle case degli utenti. La tristezza e la disperazione delle situazioni affrontate da Símon si esplicitano attraverso la cupezza della descrizione dell'ambiente. Il tono del primo brano e l'enfasi con cui sottolinea l'inedia di questa famiglia, se da un lato contrasta con l'apparente distacco del professionista nello svolgimento del proprio compito, dall'altro anticipa (2° frammento) il senso interiore di impotenza e spossatezza dati da una professione che si svolge in un ambiente di tanta disperazione.
I gesti chiave
Il testo
"Lui sta seduto in platea"
p.113
"Si tolse il cappello guardandosi attorno nel seminterrato, attento, con l'aria di un chiaroveggente"
p.115
"… a guardare dei bambini negli occhi. Se c'era qualcosa che faceva scattare le molle del sentimento nel cuore di Símon erano proprio gli occhi dei bambini"
p.116
"(Gudný, ndr.) Adesso era accanto al fornello e guardava Símon, i suoi occhi tristi e il volto intagliato"
p.116
"…e aveva sempre borse sotto gli occhi grandi e malinconici"
p.119
"…Una luce comparve nei suoi occhi malinconici"
p.122
L'analisi
Come si vede nei diversi frammenti il campo semantico dell'occhio - sguardo, osservazione - riferito al personaggio è molto diffuso. Gli occhi e lo sguardo sono anche i particolari fisici più ripresi quando si parla di lui. Nel primo frammento Símon è spettatore esterno di una scena dalla quale dovrà trarre conclusioni per la realizzazione del suo lavoro. Nel secondo Símon è definito chiaroveggente: la sua esperienza gli permette di vedere cosa c'è oltre le cose concrete che ha intorno (più avanti nella narrazione dirà di non vedere topi in giro per la casa, né sporcizia, ma di sapere cosa si nasconde sotto le tavole di legno marcio). Gli occhi sono per Símon uno strumento per capire, ma anche un mezzo per comunicare; il tramite attraverso il quale, il lettore viene a conoscenza di un aspetto del suo carattere.
Chi ne parla e come
Il testo
"Qualche giorno più tardi quando Símon, l'assistente sociale, fa la sua comparsa nel seminterrato (dove viveva la famiglia, ndr) come un apostolo sceso dal cielo, il suo volto cambia visibilmente colore"
p.115
"Kári e Ragnar (due dei figli, ndr) osservavano l'assistente sociale come fosse un fenomeno misterioso, più un personaggio da fiaba che una persona reale. Sigrún aveva paura di lui e si mise a piangere e a strillare non appena lo vide. "Sentivo che era venuto per portarmi via dalla mamma" disse in seguito"
p.117
."Símon era un tipo veramente spontaneo", dice Kári (un altro dei figli ormai adulto, ndr). "Quando facevi la confermazione, il vestito della confermazione te lo regalava lui""
p.119
"A volte veniva più di una volta al giorno. Era una specie di amico di famiglia"
p.120
"Qualcuno sosteneva che Símon approfittasse del suo lavoro di assistente sociale per smerciare stracci ai poveri (ha un negozio di abbigliamento, ndr) a spese del comune, ma si trattava sicuramente di esagerazioni. Gli assistenti sociali erano bersagliati dai pettegolezzi della gente in quanto, secondo un'opinione diffusa, l'unica cosa che facevano le autorità comunali per sradicare la povertà era quella di moltiplicare gli assistenti sociali, e quando si cominciò a retribuirli parve alla gente un'assurdità, come sarebbe stato assurdo pensare di volare sulla luna, quando l'aviazione era ai suoi inizi"
p.119
L'analisi
È l'autore che racconta la presenza e il ruolo dell'assistente sociale e lo fa moltiplicando i punti di vista sul personaggio. In questo modo Símon rivela una personalità sfaccettata: a seconda che sia il protagonista dei ricordi dei bambini o l'oggetto dei pettegolezzi della gente o il ritratto dell'autore filtrato dai ricordi della nonna, sembra al lettore il foriero di eventi nefasti (l'intramontabile "ladro di bambini"), un professionista dotato di una generosità molto accentuata o un opportunista senza scrupoli, anche se su quest'ultima possibilità è l'autore stesso a gettare il dubbio.
Da che parte sta
Il testo
"Lui vuole informazioni su un uomo che diventa cattivo con l'alcol. La base del suo vocabolario è composta di parole come "ubriachezza", "miseria" e "squallore".
Loro sono come attori che calcano accigliati la scena. Lui sta seduto in platea, ma non applaude"
"…( Símon) Portò delle carte e delle cose da leggere.
Era necessario fare una firma ed esprimere il proprio consenso, e al momento di farlo il nonno si presentò elegante e ben pettinato, sobrio…
…"A meno che non mi riesca di esaudire il tuo desiderio Gudný, di mandare Ragnar (uno dei figli da dare in affidamento) nel tuo distretto natale, a Reyká, dal reverendo Sigtryggr di Einarsvellir. Ha preso con sé parecchi ragazzi che sono rimasti da lui per un periodo più o meno lungo, e in questo caso…"".
L'analisi
Sono rispettivamente le scene di esordio e di commiato del personaggio Símon. Prima di incontrarlo, il lettore ha già conosciuto la famiglia di Gudný e Olafur, la loro povertà e la loro impotenza nel contrastarla. L'amore di entrambi per quei figli da cui si dovranno separare. Sarà Símon a farlo, come gli impone il suo ruolo, ma la decisione è accettata e condivisa dalla famiglia. La descrizione dell'assistente sociale è polarizzata fra elementi che lo distinguono, per educazione, per appartenenza sociale, nell'abbigliamento dalla famiglia utente, ed elementi che lo accomunano ai suoi assistiti - la compassione, l'amore per i libri, per la campagna, il rispetto reciproco -. Serietà e tormento interiore sono la cifra descrittiva del suo approccio al lavoro. La figura che ci viene restituita è prodotta dal racconto degli altri personaggi, filtrata dal ricordo della paura, ma anche da un senso di ammirazione e affetto che inducono il lettore a mantenere una posizione equidistante dal personaggio.
Ipotesi di lettura
Il contesto in cui agisce Símon è la Reikjavik dell'inizio del secolo scorso. Nella narrazione, l'uomo ricopre un ruolo secondario: poche pagine in cui si occupa di dare in affido alcuni dei bambini della famiglia protagonista. Si tratta di un giovane uomo arrivato nella capitale dalla campagna. Di lui si sa che ha una qualche sicurezza economica e la passione per i libri. Fisicamente non è diverso dai tanti uomini dell'isola: alto, magro, con i lineamenti del volto "intagliati", sguardo profondo. E poche parole. Il resto della narrazione mette in disparte l'uomo e il suo privato per delineare l'assistente sociale: pacato, sicuro, determinato, attento a quanto succede attorno. La certezza delle sue scelte nella professione ruota attorno alla propria capacità di osservazione: lo sguardo, acuto, che osserva i minimi dettagli per capire il complesso della situazione. È sempre rappresentato come un attore esterno alla rappresentazione generale. Un altro punto di vista sulle scene, un altro giudizio della vicenda, anche se filtrato dalla narrazione dell'autore. Come si è già detto, Símon appartiene ai Servizi Sociali del Comune, ma l'operatore è rappresentato quasi esclusivamente nell'abitazione della famiglia in difficoltà. Lì esercita una sorta di ispezione della situazione ambientale attraverso un colloquio con la madre dei bambini. È disponibile, gentile, ma non disposto a rimettere in discussione le proprie convinzioni: casa malsana, famiglia indigente, padre alcolizzato, bambini malaticci, danno come risultato l'affidamento dei figli ad altre famiglie. E fin dall'inizio si capisce che sono quelle le sue intenzioni, qualunque cosa racconti la madre. Símon osserva, fa domande, scrive appunti e decide: non si fa mai riferimento a un ufficio, né a colleghi, né a momenti di confronto con l'ente pubblico. Ne risulta piuttosto una figura solitaria, pragmatica, sostenuta dall'esperienza di chi conosce bene l'ambiente in cui opera, che trova soluzioni dolorose per gli utenti non senza turbamenti interiori. Più che di empatia, si potrebbe parlare di pietà e di grande consapevolezza dell'ingiustizia sociale di cui i suoi assistiti sono vittime (in qualche punto, infatti, si fa riferimento alle sue vaghe simpatie per le idee del socialismo). Anche qui, come in altre rappresentazioni del lavoro sociale, si ripete il modello della figura solitaria, con una scarna rete di supporto, animata da un forte senso del dovere e guidata nelle scelte e negli interventi dalla propria esperienza - gli studi, la preparazione scientifica, per esempio, non sono mai menzionati,- .
Rinvii
Racconti e rappresentazioni
Dall'Islanda alle Hawaii: cosa accomuna l'agire di Simon con l'assistente sociale del cartone animato?
Tra personale e professionale, coinvolgimento e distacco: confronta Simon con la sua "collega" del film di Leigh
Coni d'ombra
Verifica quali elementi della narrazione esplicano meglio il concetto di lavoro di comunità così come qui è descritto