Tv: Chi l'ha visto? - 2001
Il caso di M. R.
Tratto da: Chi l'ha visto?
Scheda informativa
Titolo: Il caso di M.R.
Autore: Maurizio Rotunni
Tratto da: Chi l'ha visto?, di Pier Giuseppe Murgia, condotto da Daniela Poggi.
Data e canale di trasmissione: 02/07/2001, RaiTre.
La puntata da cui proviene la sequenza è stata trasmessa in diretta in seconda serata su RaiTre e fa parte della XIII edizione del programma.
La trasmissione, come noto, tratta di casi relativi a persone scomparse e la struttura, ormai consolidata, prevede l'alternarsi di servizi sui vari casi, di ospiti in studio (spesso familiari delle persone ricercate) e di collegamenti video e telefonici.
La sequenza analizzata è montata all'interno di uno dei servizi del programma. Nel filmato si racconta di un uomo tossicodipendente di Terni che inizia a frequentare l'ufficio di un'assistente sociale operante nell'ospedale. Il servizio ricostruisce la storia dell'uomo dalla sua infanzia a Ferrara fino al momento in cui, dopo un litigio col padre, si verificano degli atti di autolesionismo. La storia personale, raccontata anche grazie a un'intervista al padre, mette in luce l'abbandono dell'uomo da parte della madre in tenera età. Tale abbandono viene indicato dal commentatore come causa prima e remota del disagio provato dall'uomo che, al momento delle riprese, si trova in una comunità. La persona che si richiede venga cercata è la madre (ma non è lui a chiederlo, sono "tutti quelli che seguono con ansia le sue mosse"), scomparsa circa 30 anni prima e mai più rintracciata.
Il brano presentato contiene uno stralcio iniziale dell'intervista all'assistente sociale dell'ospedale di Terni a cui l'uomo si è rivolto per un certo periodo.
La messa in scena
La cornice
Chi l'ha visto? si presenta, nelle intenzioni degli autori, come un programma di servizio, poiché, sfruttando l'onnipresenza televisiva, ha uno scopo dichiarato di aiutare ad 'avvistare' e - possibilmente- ritrovare persone sparite. E' quindi una trasmissione che punta a ricucire le fratture personali del pubblico televisivo facendo di tale obiettivo una sorta di mission sociale.
Il programma fonda la sua azione sul rapporto visibile/invisibile e infatti la sua articolazione narrativa parrebbe essere quella di rendere nuovamente visibile chi non lo è più (ma -forse- non chi non lo è mai stato).
Nessuno dei classici format (cronaca, reportage, ecc.) sembrano adattarsi allo stile televisivo proposto da Chi l'ha visto?, anche se possiede caratteristiche comuni a molti, reality show compreso.
La strategia su cui è costruito poggia inequivocabilmente sul pieno coinvolgimento emotivo del pubblico, che viene costantemente interpellato attraverso tutti i mezzi a disposizione del medium (appelli, telefonate, diretta, ecc.).
Il servizio da cui è tratta la sequenza è molto indicativo di tale tendenza: la persona scomparsa è la madre, ma tutto il servizio è dedicato al figlio. Pur non mostrandolo mai direttamente, di lui viene raccontata vita e disavventure, senza che nessun indizio significativo emerga per il ritrovamento della madre. Tutto ciò che viene raccontato infatti accade dopo l'abbandono: della madre non se ne parlerà più fino alla breve ripresa in studio da parte della conduttrice a servizio terminato. Si ottiene così una motivazione 'morale' per la ricerca della madre (che però viene nominata solo una volta per esteso): si parla delle vicende del figlio sperando che la madre o qualcuno a lei vicino, vedendo la trasmissione, abbia una reazione al punto da ristabilire i contatti. E' una strategia comunicativa che può rendere emotivamente partecipe una larga fetta di pubblico di fatto non è -e non lo sarà mai- coinvolto direttamente nella vicenda. Tutta l'intervista all'assistente sociale, che pure espone i fatti e fornisce interpretazioni in modo professionale, sembra rientrare in pieno, per come è condotta, collocata e montata, in questa linea editoriale.
Come appare
La storia di Marcello (questo il nome dell'uomo) viene esposta da uno speaker (probabilmente l'autore del servizio) che narra sempre in voce fuori campo (voce off) su una musica di sottofondo. Commento e musica si interrompono puntualmente in corrispondenza delle due interviste comprese nel servizio (al padre e all'assistente sociale), per riprendere al loro termine. La voce dello speaker è la stessa che si sente nelle interviste, ma non appare mai direttamente in video. Si tratta cioè di una voce narrante esterna alla storia (eterodiegetica) che però interagisce, senza soluzione di continuità, anche con i personaggi (intradiegetica), contribuendo così al 'traghettamento' dello spettatore all'interno della storia. L'entrata in scena dell'assistente sociale avviene proprio con queste modalità: lo speaker parla (al pubblico) narrando le vicende dell'uomo e poi, attraverso una rapida dissolvenza incrociata che ci porta nell'ospedale, lo si sente rivolgere una domanda alla donna (" Il suo ufficio dov'è? ") che risponde prima di apparire. Subito dopo l'assistente sociale viene mostrata, in primo piano, col camice in piedi nei corridoi e rivolta all'intervistatore/speaker che rimane in fuori campo. Solo dopo lo stacco avviene la presentazione 'ufficiale' e professionale della donna. Da qui in poi viene inquadrato il cartello ("Servizi sociali") appeso fuori dal suo ufficio, viene nominata dallo speaker, la si vede entrare nell'ufficio e, una volta seduta, appare anche il sottopancia con il nome. In un altro punto la si definisce anche con il titolo di dottoressa. E' quindi un ingresso graduale: ne sentiamo solo la voce, poi la vediamo senza saperne nulla e infine, quando è in prossimità del suo luogo specifico di lavoro, viene presentata con nome e titolo. Lo spettatore viene così preso per mano e accompagnato fin dentro l'ufficio e le mansioni dell'assistente sociale.
Che cosa fa
Il ruolo narrativo all'interno della sequenza è chiaramente quello di testimoniare, di raccontare e spiegare i fatti. Professionalmente emergono molte indicazioni. Intanto Donatella Colasanti assistente sociale, ha svolto un lavoro oltre le sue mansioni ("non era quindi un suo compito specifico…"), poi viene sottolineata la sua attitudine all'ascolto ("…ma il giovane voleva anche parlare") e infine (fuori sequenza) si fa menzione anche dei suoi sforzi per rintracciare la madre di Marcello. E' un'assistente sociale quindi che non rifiuta il contatto con l'utenza ma, anzi, sembra averne una percezione tutt'altro che schematica. Ufficio, scrivania, camice (ma addirittura la macchina del caffè) sembrano essere qui non schermi di difesa o orpelli professionali, ma realmente strumenti di intervento.
Che cosa dice
Le parole dell'assistente sociale sono tutte dedicate alla descrizione dei contatti avuti con l'uomo il quale "aveva voglia di parlare" ed è il motivo per cui "le sue visite -diventvano - sempre più frequenti". La necessità di ascolto da parte dell'uomo, viene ribadita più volte dall'assistente sociale e viene portata a motivo dei suoi atti di autolesionismo: "è un suo modo per dimostrare di voler essere ascoltato".
Ripresa pressoché sempre in primo piano, la donna non si rivolge mai verso la telecamera, ma parla all'intervistatore, a destra dell'obiettivo. I toni prevalenti sono di comprensione verso la persona e di attenzione espositiva nel senso che cerca di spiegare, in modo semplice, le complesse dinamiche di un disagio realmente vissuto, senza allarmismi o sensazionalismi. Tale registro linguistico è in contrasto con quello utilizzato nella messa in scena generale: ad es. i "gesti dimostrativi" citati dalla donna si traducono, nelle parole dello speaker, in una "coltellata" di più forte impatto mediatico.
Chi ne parla e come
E' esclusivamente il dispositivo televisivo a mettere in scena, evocare, nominare e descrivere l'assistente sociale. Il secondo personaggio del servizio (il padre) infatti non ne parla mai. Lo speaker invece la presenta ("Donatella Colasanti è un'assistente sociale"), la colloca in una struttura (un ufficio nell'ospedale di Terni, "nei pressi della portineria", di cui vediamo anche la targhetta appesa all'esterno), la nomina più volte ("la dottoressa Colasanti"), mentre l'obiettivo ce la mostra nei corridoi, al rallentatore mentre entra nell'ufficio e seduta alla scrivania. Di lei viene detto che si è adoperata anche oltre il suo compito e in un altro punto del servizio, fuori sequenza, si fa cenno ai numerosi sforzi da lei fatti per ritrovare la madre dell'uomo. Il dispositivo enuncia con insistenza quindi ruolo narrativo e funzione strategica della donna all'interno della storia. Si sottolinea molto l'appartenenza a un'istituzione e la mansione realmente esercitata. La figura dell'assistente sociale emerge quindi in modo positivo ed è messa in evidenza la sua dedizione non tanto alla pratica lavorativa quanto alle persone incontrate. Addirittura si potrebbe ipotizzare una volontà compositiva del messaggio tale per cui l'uomo, alla ricerca della madre, abbia trovato nella sua presenza, una figura sostitutiva. Considerate le strategie di coinvolgimento di cui si è detto sopra (vedi la Cornice) questa ipotesi può essere considerata plausibile.
Da che parte sta
Dopo quanto detto nei punti precedenti, appare chiaro l'emergere del posizionamento dell'assistente sociale, da un punto di vista professionale e umano, tutto a favore dell'uomo, cioè dell'utente del quale sembra in grado di comprendere, come si è visto, limiti e gesti, ma senza giustificarli (" ... non voglio fare di Marcello un santo né una vittima, però (…) è comunque un modo per dimostrare di essere ascoltato …"). Tale suo schieramento, che appare sincero, è esaltato dalle dinamiche comunicative del mezzo e non sembra essere in contrasto con nessun altro attore del testo, né, tantomeno, con lo spettatore che addirittura sembra ignorato. E' lo speaker, la voce del dispositivo, che ha il compito di mediare tra schermo e pubblico e quindi, in definitiva, di orientare la percezione complessiva della vicenda.
Ipotesi di lettura
In linea con la tendenza dominante della trasmissione, il servizio punta a far leva sull'emotività del pubblico per cercare un suo coinvolgimento, con il fine dichiarato di contribuire a ritrovare delle persone sparite. Il mistero che avvolge le scomparse è uno degli ingredienti attorno a cui la trasmissione si sviluppa, anche perché tale argomento sortisce da sempre un grande effetto.
Nel sevizio presentato questa componente è assemblata più sotto un profilo formale che di contenuto. Vi è infatti un'atmosfera di mistero, suggerita costantemente, che interviene ogni qual volta un nuovo elemento subentra. Nella sequenza analizzata ciò è visibile proprio in occasione della presentazione 'ufficiale' dell'assistente sociale. In quel punto infatti la musica di sottofondo riprende sincronizzata sullo stacco che mostra il cartello blu. Subito dopo arriva la presentazione. La musica è caratterizzata da toni bassi e continui e contribuisce a creare una sorta di suspance diffusa in tutto il servizio. La rappresentazione comunica un sensazione inquietante: come se i corridoi degli ospedali, le sale d'aspetto, i luoghi del Servizio sociale, siano ambienti forse non pericolosi, ma almeno un po' oscuri. Quegli spazi inoltre, come gli altri mostrati nel servizio, sono pressoché vuoti e completamente disabitati se non fosse per la presenza dell'assistente sociale. Il suo apparire sembra parzialmente illuminare l'ambiente e si pone come un contraltare di speranza nei confronti degli altri attori. La storia comprende infatti un padre scuro (ripreso sempre in controluce per non essere riconosciuto e sempre dal basso verso l'alto, un figlio disperato, una madre naturale dispersa e una donna pronta ad aiutare, una "assistente sociale per amica" (Allegri, 2001) come molta narrativa ha mostrato, ed è proprio la struttura codica del testo a costruire tali rappresentazioni.
Cosa rimane allora della professione sociale da un documento così confezionato? La capacità di ascolto e di improvvisazione dell'intervento, la comprensione dei bisogni e la disponibilità al colloquio, il tutto, però, mediato da una ricerca di pathos che sembra prevalere sugli intenti informativi.
Rinvii
Racconti e rappresentazioni
Avvicinarsi. Confronta questa sequenza con quella del colloquio messo in scena da Gus Van Saint
Coni d'ombra
L'autodeterminazione del cliente/utente. Confronta la sequenza con ciò che si dice del lavoro sulla Persona