Territorio

Introduzione

Fin dagli anni '50 il territorio, è stato un tema centrale per il servizio sociale, assumendo, nel tempo, diverse prospettive teoriche e differenti implicazioni operative. A partire dai primi studi sociologici è apparsa immediatamente evidente l'importanza strategica che la dimensione di networking, ovvero il processo finalizzato a legare tra loro tre o più persone tramite connessioni relazionali significative, può assumere per incrementare il senso di appartenenza ad un territorio, ad un ambiente, ad una comunità (Barnes,1954: Maguire, 1983).

Lavoro di territorio, lavoro di rete, lavoro di comunità, infatti, sono allocuzioni che caratterizzano un lavoro sociale orientato sia al fronteggiamento dei problemi (ricollocandoli nel contesto in cui sono stati generati) sia alla promozione e al potenziamento di risorse e di sinergie che arricchiscano un sistema complesso.

In particolare: territorio, originariamente usato per designare un luogo di insediamento, è un termine adottato nel servizio sociale italiano negli anni '70 (anche in seguito ad interessanti sperimentazioni di progetti regionali nel secondo dopoguerra): indica l'intervento attuato in una zona o area delimitata, e risente fortemente dell'influenza del decentramento amministrativo e di modelli organizzativi di servizi di quel periodo. Utilizzato spesso come sinonimo di ambiente, comunità, zona di competenza, ha assunto via via anche le caratteristiche di un vero e proprio approccio di intervento sociale reticolare: "il lavoro di/ nel /sul territorio", fino a diventare uno dei capisaldi concettuali e metodologici per le politiche sociali sociali nel welfare mix.

Tuttavia è incredibilmente rimasto nell'ombra, dietro le quinte, mai salito agli onori della cronaca. La "voglia di comunità" (Baumann, 2001) che sembra caratterizzare il nostro tempo, rimette in gioco processi partecipativi che sembravano dimenticati nella "società del rischio" (Beck, 1999) chiamando in causa anche le professioni sociali.

Il lavoro di rete e il lavoro di comunità sono fra i nuclei dell'intervento sociale che si radica nel territorio. Sono insieme simboli di questo tipo di lavoro e sistemi complessi in cui l'operatività sociale si inserisce, agisce, interviene per determinare processi virtuosi. La loro complessità, la loro natura di sistema pluriverso in cui il lavoro sociale interviene sia come parte sia come facilitatore di processi sono fra i motivi che ne hanno determinato e ne determinano, anche se via via in misura minore, una sostanziale non visibilità a livello mediatico. Da questo punto di vista, di esse - e più in generale del lavoro di territorio - emergono solo alcuni elementi: parti che difficilmente rendono ragione del tutto.

Come capita guardando la punta di un iceberg: si ha la netta percezione di un parte sommersa, che non si vede, ma che sorregge il tutto. Forse non tutti sanno che la parte sommersa di un iceberg è all'incirca sette-otto volte quella emersa; sospinto dalle correnti oceaniche e dai venti, è portato molto lontano dal luogo d'origine, e così capita anche per l'intervento sociale nel territorio. In realtà abbiamo qui a che fare con una dimensione forte e fondante del lavoro sociale, che mette insieme da un lato la capacità di progettare a livello micro e macro e di pensare in grande e a lungo termine, dall'altro la pazienza e la gradualità nel lavoro quotidiano di negoziazione fra gli attori sociali coinvolti e coinvolgibili.

Lavoro di rete

Presupposti

Nel servizio sociale si considera rete reale o potenziale l'insieme delle risorse, la singola organizzazione di lavoro sociale, l'équipe, il sistema dei servizi in relazione ai progetti e al potenziale collaborativo.

Il concetto può includere altresì gruppi di volontariato e reti tra organizzazione pubblica di operatori e realtà di privato sociale: quindi reticolarità fra persone, organizzazioni e risorse.

Il termine rete focalizza l'attenzione sulle relazioni, sul loro mantenimento, sul loro sviluppo, sul coinvolgimento dei soggetti.

Deriva dalle discipline sociologiche, e comincia a essere utilizzato nella seconda metà degli anni Cinquanta del Novecento, all'interno della cultura antropologica, nel contesto del Nord Europa, per descrivere la tela di contatti e rapporti che la persona costruisce intorno a sé nel proprio quotidiano.

Il concetto di rete sociale implica una idea dell'uomo inteso come soggetto di interazione con altri.

Per questa ragione, le reti si modificano a seconda delle persone e delle loro caratteristiche e sono distinte in: reti primarie - l'ambito è quello dell'affettività del soggetto e la funzione è quella promozionale e protettiva del soggetto; e reti secondarie, formali e informali, riferite alle istituzioni che assicurano determinati servizi per le persone.

La metafora della rete è stata introdotta nel lavoro sociale dall'influenza di diverse correnti di pensiero, tra le quali: l'approccio ecologico sistemico, l'antipsichiatria, la teoria del campo e gli studi sullo spazio sociale, che si rifanno all'idea dell'individuo collocato all'interno di un intreccio di relazioni, al valore delle sue potenzialità, e all'influenza relazionale.

Grande peso hanno avuto anche alcune esigenze interne alle professioni sociali, come quelle dell'operatore di intervenire nell'ambiente; di promuovere azioni di responsabilizzazione dei soggetti, di sostegno alla partecipazione e collaborazione, di supporto alle risorse: in definitiva, di rendere l'ambiente partecipe del processo di presa in carico, in un operazione che elabora il proprio intervento sulla base dell'attenzione alla persona, ai servizi e al territorio attraverso processi trasversali a questi tre ambiti.

La rete è un elemento fondamentale per comprendere la persona e le sue difficoltà, per aiutarla nella costruzione della propria autonomia e di un rapporto nuovo con l'ambiente. Per l'operatore sociale è elemento di conoscenza e valutazione della situazione di una persona; costituisce una risorsa, da conoscere e supportare durante la presa in carico individuale; è l'ambito operativo, verso il quale sono destinati gli interventi, nonché lo spazio in cui è possibile un'azione sociale.

La rete può costituire insieme uno strumento di lettura della realtà e rappresentare il prodotto di un lavoro sociale, realizzato attraverso una serie di idonei strumenti di intervento.

L'attenzione rivolta oggi alle reti deriva da molteplici esigenze che, fra le altre, riguardano la necessità di evitare la duplicazione degli interventi, la sovrapposizione dei progetti, la necessità di far fronte alla insufficienza di risorse, riducendo gli sprechi e migliorando la validità dell'azione.

Obiettivi

Le reti di relazione mettono a disposizione dei soggetti beni immateriali e materiali, aggiungono significati a una vita individuale, attribuiscono ruoli e sviluppano il senso dell'appartenenza. Si possono trasformare in veri e propri sistemi di supporto per il soggetto appartenente, bisognoso d'aiuto; oltre che svolgere le funzioni naturali di agevolazione. Attraverso le relazioni interpersonali che vi stabiliscono, i soggetti, veri attori sociali, creano, modificano e regolano i sistemi sociali.

Poiché esistono diversi livelli di problemi con diversa istanza di "professionalità" nella risposta, l'operatore può sviluppare un'azione non tanto di presa in carico delle difficoltà quanto di rinforzo delle risorse in gioco, e di crescita di consapevolezza della loro funzione reale e potenziale.

Nel lavoro di rete il progetto prevede: la definizione degli obiettivi specifici e di un fuoco dell'intervento; l'indicazione di azioni funzionali; l'individuazione delle reti o nodi coinvolti; la costituzione di un sistema agente; la precisazione dei ruoli dei componenti; stabilire la figura dell'operatore che sarà regista dell'azione; l'indicazione di tempi e delle modalità di incontro (Ferrario,1992).

Il primo step consiste nell'attivazione delle reti intorno alle persone o alla connessione di risorse per esse. In seguito il gruppo di lavoro coglie le opportunità offerte dalla richiesta di un gruppo, dall'emanazione di una legge che richiama il rapporto con il volontariato o dalla richiesta di un elenco di risorse per trasformarle nel punto di partenza su cui delineare una proposta progetto di rinforzo delle reti.

Strumenti

Ci sono diversi livelli di problemi per i quali l'operatore deve sviluppare un'azione di rinforzo delle risorse in gioco, piuttosto che esercitare una vera e propria presa in carico.

È stato delineato (Froland 1982) un sistema informale del lavoro sociale che focalizza tre raggruppamenti: le reti di mutuo aiuto, in cui il rapporto di aiuto si basa sulla condivisione della situazione problema; i volontari, soggetti singoli che collaborano con le strutture di servizio; le reti della comunità locale, che comprendono gli aiutanti naturali e i soggetti che svolgono un ruolo chiave nella comunità.

Nell'ambito del reperimento delle risorse di rete per l'utente, emerge l'importanza dell'utilizzo della mappa di Todd (Ferrario, 1992), un diagramma che viene utilizzato per comprendere quali sono le risorse che possono gravitare intorno a un utente determinato, per esempio intorno a una persona anziana, per la quale occorre decidere il ricovero o l'assistenza domiciliare. In tali casi si somministra un questionario in cui l'anziano è al centro della rete e indica le persone a lui più vicine - famiglia, amici, vicini di casa etc - , e in questo modo mette in luce relazioni, contatti, risorse spesso non note, che possono essere coinvolti in un piano di intervento di domiciliarizzazione.

L'intervento professionale e di collegamento delle risorse e delle intenzionalità operative tiene conto delle diverse azioni messe in campo per lo sviluppo del benessere, che vanno da un minimo di strutturazione e formalizzazione (l'aiuto fraterno) al massimo di eterodirezione (l'aiuto delle organizzazioni) e intenzionalità.

L'operatore che appartiene al sistema del lavoro sociale formale può realizzare:

- interventi diretti verso il soggetto

- interventi indiretti di rinforzo delle azioni di aiuto in campo

- interventi indiretti che producano le capacità di risposta dei contesti e di creare le condizioni che ne facilitino l'espressione.

L'azione si articola in diverse modalità e diffonde la capacità di sostenere oltre al fatto che le capacità acquisite dai diversi soggetti possono essere giocati in altri contesti di aiuto.

Nodi critici

La preparazione e la legittimazione dell'intervento

Il lavoro con il territorio richiede una preparazione documentaria e di relazioni preliminari (mappe di servizi e risorse, contatti di "riscaldamento delle relazioni e del clima del gruppo di lavoro") nonché il monitoraggio continuo di interventi diversi, che - come nel caso del della relazione con soggetti che non fanno parte dell'utenza tradizionale e che sono spesso critici - rendono faticoso l'intervento.

La contrapposizione può essere laboriosa, soprattutto se non è sostenuta dall'organizzazione e da una rete che l'operatore possa coinvolgere nelle sue difficoltà.

Se gli incontri di rete sono occasione di rinnovamento per l'assistente sociale ed egli si sente legittimato in questa azione, la tolleranza è più elevata. Particolari difficoltà possono essere legate all'assetto organizzativo interno: a una sorta di delegittimazione dell'organizzazione o agli orientamenti della formazione di base dell'operatore.

La tenuta

Una seconda criticità è costituita dalla difficoltà di mantenere attiva nel tempo la rete tra gli attori sociali nel territorio, perché la collaborazione è fondata sull'intenzionalità e sulla motivazione dei soggetti. Nel tempo tale condizione può venire a mancare e per fronteggiare tale evenienza è opportuno individuare un case manager, che coordini il lavoro, inviti al passaggio continuo delle informazioni, ricordi periodicamente i motivi che hanno portato all'attivazione del progetto.

Rinvii

Racconti e rappresentazioni

Rifletti sulla nozione di rete qui descritta guardando la sequenza del film

  • Cinema/La ragazza di Via Millelire

Identifica gli elementi più evidenti che rimandano al lavoro di rete come viene qui descritto

  • Cinema/Ricomincia da oggi

Come rappresentare il lavoro di rete? Verifica dove appare meglio nel testo di Doris Lessing

  • Letteratura/Il diario di Jane Somers

Lavoro di comunità

Presupposti

Sono molte le definizioni possibili del concetto di comunità. Scegliamo qui quella più utile soprattutto a chi si troverà a operare sul campo e che intende per comunità un insieme di soggetti che condividono aspetti significativi della propria esistenza e che per questa ragione sono in un rapporto di interdipendenza, possono sviluppare un senso di appartenenza e possono intrattenere tra loro relazioni fiduciarie.

Negli ultimi anni si è assistito a un'attenzione crescente verso il concetto di comunità, in particolare nel duplice significato di dimensione locale micro e di qualità delle relazioni. Nella prima accezione, c'è il tentativo di osteggiare o equilibrare il processo di globalizzazione e l'omologazione culturale; nella seconda il bisogno di creare intese e relazioni fiduciarie fra i diversi attori locali coinvolti nei problemi che assillano la comunità.


Dietro alla scelta del lavoro di comunità si delinea un modello e un progetto precisi di essere umano, nonché la volontà di costruire una società che proponga come centrale la pratica delle relazioni, in direzione di una maggiore e più diffusa equità sociale.

L'essere umano di cui si tratta nella pratica del lavoro di comunità è un soggetto che vuole assumersi le proprie responsabilità insieme ai suoi simili per produrre cambiamenti.

In questo senso la comunità è considerata come risultato dell'azione degli individui e come promotrice del loro destino;è inoltre il luogo in cui si afferma il legame imprescindibile fra benessere individuale e salute del sistema sociale, fra la dimensione personale e lo sviluppo di comunità. È il luogo dove le relazioni interpersonali e sociali sono centrali per la crescita individuale e per lo sviluppo della comunità.


La solidità del legame relazionale e gli scopi etici dell'azione sono i due elementi qualificanti dell'azione comunitaria: il senso di comunità crea senso di appartenenza e in questo modo permette all'individuo di investire responsabilmente le proprie risorse al di là del proprio gruppo o della propria famiglia; gli scopi etici del benessere personale, della convivenza e del rispetto dell'ambiente producono la perdita di importanza dell'interesse personale nell'azione a favore di processi concreti di crescita umana e sociale.


Obiettivi

Promuovere relazioni fiduciarie, sviluppare il senso di appartenenza, attivare e supportare reti di buon vicinato, sviluppare legami sociali, accompagnare processi di integrazione culturale sono le attività che contribuiscono a fare comunità e a progettarne lo sviluppo.

L'obiettivo dei progetti di sviluppo di comunità è, infatti, attivare e sostenere processi partecipativi e di collaborazione. Le strategie di sviluppo di comunità, che lavorano in direzione dell'empowerment della comunità locale, soddisfano così, da un lato, l'esigenza di risolvere i problemi di comunità specifiche e di migliorare la qualità della vita dei singoli e della collettività; e contemporaneamente consentono ai membri delle comunità di accrescere le proprie competenze e il proprio potere come risorse da spendere attivamente nel gioco sociale.

Il lavoro di comunità ha quindi il duplice obiettivo di sviluppare il sentimento di comunità e di sostenere la comunità come soggetto: ha cioè lo scopo di nutrire comunità competenti, in una strategia, il cui focus è posto sulla comunità stessa, mentre l 'individuo resta sullo sfondo.

Gli interventi diretti a migliorare la qualità della vita di una comunità sono raggruppabili in tre grandi strategie di cambiamento: quelle fondate sulle condizioni (provvedimenti legislativi, opere di urbanizzazione, interventi economici, creazione di servizi, ecc.); quelle fondate sui soggetti (promozione di attività di formazione che permettano di acquisire le nuove abilità richieste dalle nuove condizioni) e quelle basate sullo sviluppo di comunità (che permettono ai soggetti che vivono in determinate condizioni, di cambiarle in relazione ai loro bisogni/interessi).

Lo sviluppo di comunità non può prescindere dal coinvolgimento degli attori sociali: dalla loro partecipazione - gli attori esercitano un potere e prendono decisioni-, alla loro connessione - gli attori si mettono in rete -.

In questo contesto, la partecipazione è possibile solo se si assume il modello che valorizza le competenze possedute dalla comunità e si propone di svilupparle e solo se i cittadini sono visti non come beneficiari/destinatari di un intervento, ma come attori e protagonisti, ("cittadini/risorse").

Nel lavoro di comunità, la partecipazione ha sempre il duplice obiettivo di risolvere un problema e permettere un apprendimento. È dunque la realizzazione del processo partecipativo il fulcro della progettazione fatta dagli operatori.


Strumenti

Partecipazione, collaborazione e leadership sono i processi principali del lavoro di comunità.La partecipazione è intesa come il processo che consente ai cittadini di contribuire alle decisioni su questioni che riguardano la comunità e la propria vita.

La collaborazione è un tema che riguarda tutti i soggetti: collaborare può significare progettare, valutare, decidere, risolvere problemi, scambiarsi idee e informazioni, realizzare iniziative, coordinarsi nell'impiego di risorse. La scelta della forma da dare alla collaborazione dipende dagli obiettivi per i quali si collabora; dalle caratteristiche dei soggetti coinvolti, dai loro desideri e dalla loro disponibilità ad accettare vincoli.

Il tema della collaborazione può assumere diverse forme organizzative che vanno da un minimo di complessità, la rete, a un massimo, la coalizione.

Per collaborare, oltre alle motivazioni, servono abilità sociali e competenze relazionali, fra le quali l'assertività, la capacità di ascolto, la capacità di mediazione, la capacità di mettersi nei panni dell'altro.

La partecipazione e la collaborazione sono processi sociali che richiedono una direzione e un orientamento, cioè una leadership, intesa come ulteriore processo sociale con funzioni che hanno a che fare con l'azione collettiva e con la direzione della stessa: costruire un orientamento collettivo è cosa diversa dal disporre di un leder da seguire. Compito dell'operatore di comunità non è quello di assumere la guida del processo, quanto quello di fare in modo che un orientamento possa formarsi e che la direzione sia chiara e condivisa.

Il lavoro di comunità viene realizzato in contesti molto diversi e in ciascuno di essi, assume caratteristiche operative differenti.

Si possono però individuare alcuni aspetti costanti nelle seguenti attività: facilitazione dei processi di responsabilizzazione collettiva; attivazione e sostegno a processi di collaborazione fra gli attori di un sistema; facilitazione di processi di partecipazione degli attori al governo del sistema; sviluppo di relazioni che rinforzino la dimensione della fiducia, del senso di appartenenza e del senso di comunità; sviluppo di competenze da parte dei membri della comunità.

E' un tipo di lavoro che riguarda i percorsi attuati più che i problemi in quanto tali.

Oltre alle competenze base, chi fa lavoro di comunità deve saper maneggiare strumenti come la ricerca azione partecipata, la progettazione partecipata, la valutazione partecipata, l'attivazione e la facilitazione delle reti, la conduzione delle riunioni di gruppo, la mediazione dei conflitti.

Nodi critici

La comunità come rifugio

È certo che lo sgretolamento dei rapporti sociali, l'individualismo, i conflitti urbani, la solitudine, i problemi che affliggono le periferie urbane fanno apparire la comunità come un rifugio, un luogo protetto in cui gli individui possono sentirsi al sicuro.

Solo di rado, però, e mai in toto, la comunità reale corrisponde a quest'immagine ideale. La comunità può anche essere chiusura e unione in senso difensivo, rifiuto del diverso, mezzo di controllo sociale. Può essere o diventare una stretta costrittiva che impedisce l'azione, può essere luogo di tensioni e conflitti.

Saper leggere il conflitto

Almeno in due ambiti, all'interno del lavoro di comunità, i conflitti sono ricorrenti: nei processi di collaborazione fra gli attori sociali e nella convivenza a livello locale. Affrontarli significa trovare percorsi risolutivi allo scopo di utilizzare il conflitto stesso come elemento di crescita della comunità.

Per intervenire è necessario saper leggere il conflitto che è sempre un fatto relazionale e una costruzione sociale. Per comprenderlo occorre anche domandarsi a che cosa serve.

Una struttura stabile

Un ulteriore nodo di difficoltà per chi opera in questo ambito riguarda il mantenimento della stabilità delle strutture e dell'organizzazione, specificamente richieste nella comunità da partecipazione e collaborazione, perché durino nel tempo e diano continuità ai processi. Un fenomeno ricorrente nei processi di collaborazione è, per esempio, la perdita di interesse, la caduta della motivazione e con essa l'abbandono dell'impegno da parte degli attori coinvolti. Ciò può verificarsi perché l'obiettivo non è più motivante o per la qualità modesta delle relazioni fra i soggetti coinvolti. Talvolta la collaborazione è difficile perché mancano le opportunità o le risorse per farlo.

In tutti questi casi è di primaria importanza la capacità di riconoscimento dell'origine della criticità, che nei casi summenzionati spesso non dipende dalle caratteristiche delle persone, quanto piuttosto dalla scarsità di risorse o da una cattiva organizzazione.

Rinvvi

Racconti e rappresentazioni

Micro e macro comunità. Confronta il documento con la sequenza tratta dal programma di Susy Blady e Patrizio Roversi

Gli aspetti problematici dell'operare in una comunità difficile. Leggi questo documento avendo presente l'articolo di Alessandro Fulloni sulla vicenda di Ostia

Riscontra gli aspetti che mancano in relazione al lavoro di comunità