Il grande orfano

Il grande orfano

Tierno Monénembo

La trama

Tierno Monénembo, Il grande orfano, Milano, Feltrinelli Editore, 2003 (L'Âiné des orphelins, 2000. Éditions du Seuil)

Rwanda. Faustin, di madre tutsi e padre hutu ha quindici anni. È in prigione in attesa di una sentenza definitiva che con ogni probabilità, sarà la pena capitale. Il ragazzo racconta la sua storia, legata alla grande Storia, iniziata nel 1994 con l'abbattimento dell'aereo presidenziale ruandese. Questo episodio dà il via a un bagno di sangue, ma agli occhi del ragazzo non è che una delle tante sventure che periodicamente flagellano il paese. Separato dai genitori e dai fratelli, Faustin fugge dal suo villaggio e approda in una specie di comune di piccoli vagabondi nella capitale. In seguito all'aiuto di un'assistente sociale, Claudine, viene accolto in un orfanotrofio, dove casualmente ritrova i suoi fratelli minori in stato di choc. Incapace di sottomettersi alle regole dell'istituto, Faustin scappa insieme ai fratelli e fa ritorno alla comune. Lì commette un omicidio e da quel momento la narrazione si divide nei due percorsi paralleli della sua situazione di fronte alla giustizia e del resoconto del primo massacro dei tutsi cui Faustin è scampato. È questo evento terribile, indicibile fino quasi alla fine del romanzo, il trauma della memoria del ragazzo, ma anche il generatore di tutta la sua vicenda.

Il testo

"Per la verità Claudine , l'avevo completamente dimenticata. È il genere di persona che è meglio dimenticare. Ti si rivolge sorridendo e con una tale naturalezza che, all'inizio, pensi che ti prenda in giro. Poi ti rendi conto che no, che gente come lei esiste sul serio. Quasi ce l'hai con lei perché è così buona, così diversa dagli altri (…)

(…) Arrivi a desiderare che crepi anche lei, una buona volta. Perché diavolo si è interessata a me (…)

(…) Per farmi del bene diceva. Proprio così, ho sempre trovato sospetta la gente che mi vuole bene. Allora, più volte sono scappato (…) La strega finiva sempre per ritrovarmi."

pp.22-23

"Anche il lavoro, in effetti, non era sempre senza incidenti. Per esempio, il giorno in cui un cliente mi accusò di aver rubato la sua autoradio (…)

L'uomo mi afferrò per le orecchie e mi sollevò finché i miei piedi gli arrivarono al petto (…)

(…) Per fortuna, una giovane scese dalla macchina, si fece strada fra la folla colpendo quelli che ridevano del mio dolore e mi liberò. Era lei: Claudine! (…)"Zitti tutti" urlò la giovane. Si avvicinò al mio aguzzino e lo guardò negli occhi. " Non hai il diritto di picchiarlo! D'altra parte, che prove hai che ti abbia derubato? Un ragazzino di appena dodici anni, non ti vergogni?(…)".

pp.45-46

"(…) Sentivo la scia del suo profumo e il soffio del respiro che le faceva muovere i seni che, sotto il pizzo del reggiseno, indovinavo sodi e belli rotondi(…)"

p.23

"(…) infine si aggiustò il foulard, sistemò i numerosi bracciali e chiuse la cerniera lampo della borsetta (…) Indossava un pareo color carne che si confondeva con la sua pelle (…)"

p.28

" (…) Assorta nella contemplazione dei miei stracci e della mia sporcizia, Claudine non aveva badato alle parole del direttore. Si coprì un istante il viso (…) Andandosene, mi aveva abbracciato senza badare al mio odore (…)"

p. 26

"(…) E tornò! Non si accontentò di portar con sé i suoi modi da mamma chioccia…Portò anche aspirine, pomate, compresse, scatolame…il genere di cose che si vedono tra le mani dei curati e delle infermiere."

p. 50

" (…) Si era forse decisa finalmente a vedermi per quello che ero: un bel farabutto e non il piccolo martire che il suo cervello complicato si era inventato da sola. Sospirò, visibilmente incapace di nascondere, ma cosa precisamente? La sua stanchezza davanti ai carcerieri e ai giudici, la sua esasperazione o più semplicemente il disgusto che aveva finito per ispirarle il mio torbido personaggio?"

p.70

"(…) La giovane (Claudine, ndr.) mi aiutò ad alzarmi e mi condusse verso il carretto del venditore di gelati. Mi offrì un cono alla vaniglia, dei biscotti, un biglietto da mille."

p.48

"(…) Allora, più volte, sono scappato. Lei (Claudine, ndr.) mi cercava sotto le bancarelle del mercato centrale? E io andavo a nascondermi (…) La strega finiva sempre per ritrovarmi. Mi palpava, mi rimproverava davanti ai sorrisi ebeti dei miei amici, come fosse mia madre. (…)".

p. 23

"(…) (Claudine, ndr.) E tornò! Non si accontentò di portar con sé i suoi modi da mamma chioccia…Portò anche aspirine, pomate, compresse, scatolame…il genere di cose che si vedono tra le mani dei curati e delle infermiere."

p. 50

" (…) (Claudine dice a Faustin, ndr.)"Ascolta! Una (è il nome della cooperante irlandese, ndr) è venuta in Rwanda per mettere in piedi un orfanotrofio sulla strada per Rwamagama. In questo momento è tutto okay: l'acqua, l'elettricità, persino l'infermeria. Sono due mesi che l'istituto è aperto. Come puoi immaginare, è già strapieno. Ma ho insistito tanto: ha finito per assegnarti un posto. Traslochi la settimana prossima. Che ne dici?""

p.52

"(…) Siine certo, farò di tutto per farti uscire da qui (dal carcere, ndr.)"

p.70

"(…) (In carcere, ndr) Da quel giorno e fino alla mia catastrofica prestazione in tribunale, Claudine venne a trovarmi praticamente tutti i venerdì e mai a mani vuote (…)"

p.73

" (…) La quarta volta che Claudine venne a trovarmi (in carcere, ndr.), l'avvocato Bukuru era lì prima di lei, chiuso nell'ufficio del direttore. (…) "Ho parlato col direttore," mi disse l'avvocato Bukuru. "Ho ottenuto che ti accordino i permessi per uscire. Ma c'è un problema (…). Renditi conto, non hai nessun parente a Kigali!" "Può venire da me!" (dice Claudine) (…) "Posso farmi passare per sua cugina""

p.103

" (…) (Claudine a Faustin nel primo colloquio in carcere, ndr.) "Perché siamo arrivati a questo punto?" (…) "Sei troppo duro per la tua età! Prova a parlare diversamente! Non costringerti ad assomigliare agli altri. Se vi lasciate andare tutti, chi farà il Ruanda?""

p.25

"(…) (Claudine a Faustin, ndr.)"Su questa terra non ci saranno mai abbastanza magistrati per giudicare tutti quanti! Non posso fare niente finché la tua pratica non ha raggiunto l'ufficio del giudice. Ma ho parlato al direttore: mi ha promesso di vegliare su di te. Gli ho affidato diecimila per le tue spesucce. Tornerò, non so quando…tra quindici giorni, un mese forse""

p. 28

Il primo incontro "" Dimmi, da dove vieni piccolo: da Cyangungu, da Ruhengeri?"

(…) "E dove sono i tuoi genitori?"(…) "Sono i tuoi genitori che ti hanno detto di venire a sorvegliare le macchine?(…)"Dimmi, piccolo, come ti chiami?"(…) "Bene Cyrille (Faustin le mente sul nome, ndr.), a partire da adesso custodirai la mia macchina. Io mi chiamo Claudine, Claudine Karemera! È una buona giornata in fin dei conti, ti sei fatto un'amica""

p.47

" (…) (Claudine dice a Faustin per proporgli di entrare in istituto, ndr.)"Ascolta! Una (è il nome di battesimo della cooperante irlandese, ndr.) è venuta in Ruanda per mettere in piedi un orfanotrofio sulla strada per Rwamagama. In questo momento è tutto okay: l'acqua, l'elettricità, persino l'infermeria. Sono due mesi che l'istituto è aperto. Come puoi immaginare, è già strapieno. Ma ho insistito tanto: ha finito per assegnarti un posto. Traslochi la settimana prossima. Che ne dici?""

p.52

(Claudine al suo ingresso nella "comunità" dei bambini di strada) "Per riceverla, Musinkôro, aveva fatto mettere via le stuoie e i materassi di gommapiuma, i vecchi stracci e le scodelle"

p. 49

(In carcere nell'ufficio del direttore, ndr.) "" Vi lascio il mio ufficio. Dopo il genocidio, il termine parlatorio non significa più niente, qui: gli avvocati e le famiglie si ammassano dove possono per parlare con i detenuti" (…) Mi portarono una vecchia cassa e mi sedetti vicino a lei. Guardavo le ragnatele sul soffitto e lasciai volentieri che i miei pensieri prendessero il volo, mentre lei parlava con la sua voce dolce, leggermente roca (…).

(…) ogni volta che ci siamo incontrati: sulla scalinata della posta, sul marciapiede di rue de la Ricolte e sui terreni abbandonati intorno alla prigione (…)"

p. 25

Alla comunità dei bambini di strada "Si sedette sulla sedia di ferro e accettò una banana cotta. (…) Toccava le guance di Canisius; prendeva Tatien per le spalle, Josépha per le mani; domandava a Émilienne da quando tossiva così, se non aveva paura della pioggia, dei ratti, delle zanzare, dei pazzi che si incontravano in giro."

p.49

"(…) (Claudine, ndr.) E tornò! Non si accontentò di portar con sé i suoi modi da mamma chioccia…Portò anche aspirine, pomate, compresse, scatolame…il genere di cose che si vedono tra le mani dei curati e delle infermiere."

p. 50

"Per la verità Claudine, l'avevo completamente dimenticata. È il genere di persona che è meglio dimenticare. Ti si rivolge sorridendo e con una tale naturalezza che, all'inizio, pensi che ti prenda in giro. Poi ti rendi conto che no, che gente come lei esiste sul serio. Quasi ce l'hai con lei perché è così buona, così diversa dagli altri…

…Arrivi a desiderare che crepi anche lei, una buona volta. Perché diavolo si è interessata a me…

…Per farmi del bene diceva. Proprio così, ho sempre trovato sospetta la gente che mi vuole bene. Allora, più volte sono scappato… La strega finiva sempre per ritrovarmi"

pp.22-23

"… Sentivo la scia del suo profumo e il soffio del respiro che le faceva muovere i seni che, sotto il pizzo del reggiseno, indovinavo sodi e belli rotondi…"

p.23

"…Indossava un pareo color carne che si confondeva con la sua pelle…"

p.28

" (…) Anche il lavoro, in effetti, non era sempre senza incidenti. Per esempio, il giorno in cui un cliente mi accusò di aver rubato la sua autoradio (…)

L'uomo mi afferrò per le orecchie e mi sollevò finché i miei piedi gli arrivarono al petto (…) Per fortuna, una giovane scese dalla macchina, si fece strada fra la folla colpendo quelli che ridevano del mio dolore e mi liberò. Era lei: Claudine! (…) "Zitti tutti" urlò la giovane. Si avvicinò al mio aguzzino e lo guardò negli occhi. " Non hai il diritto di picchiarlo! D'altra parte, che prove hai che ti abbia derubato? Un ragazzino di appena dodici anni, non ti vergogni? (…)".

pp.45-46

"(Faustin dice di Claudine, ndr.) (…) È il genere di persona che è meglio dimenticare. Ti si rivolge sorridendo e con una tale naturalezza che, all'inizio, pensi che ti prenda in giro. Poi ti rendi conto che no, che gente come lei esiste sul serio. Quasi ce l'hai con lei perché è così buona, così diversa dagli altri (…)"

p. 22

La messa in scena

La cornice

Il testo

"Per la verità Claudine , l'avevo completamente dimenticata. È il genere di persona che è meglio dimenticare. Ti si rivolge sorridendo e con una tale naturalezza che, all'inizio, pensi che ti prenda in giro. Poi ti rendi conto che no, che gente come lei esiste sul serio. Quasi ce l'hai con lei perché è così buona, così diversa dagli altri (…)

(…) Arrivi a desiderare che crepi anche lei, una buona volta. Perché diavolo si è interessata a me (…)

(…) Per farmi del bene diceva. Proprio così, ho sempre trovato sospetta la gente che mi vuole bene. Allora, più volte sono scappato (…) La strega finiva sempre per ritrovarmi."

pp.22-23

"Anche il lavoro, in effetti, non era sempre senza incidenti. Per esempio, il giorno in cui un cliente mi accusò di aver rubato la sua autoradio (…)

L'uomo mi afferrò per le orecchie e mi sollevò finché i miei piedi gli arrivarono al petto (…)

(…) Per fortuna, una giovane scese dalla macchina, si fece strada fra la folla colpendo quelli che ridevano del mio dolore e mi liberò. Era lei: Claudine! (…)"Zitti tutti" urlò la giovane. Si avvicinò al mio aguzzino e lo guardò negli occhi. " Non hai il diritto di picchiarlo! D'altra parte, che prove hai che ti abbia derubato? Un ragazzino di appena dodici anni, non ti vergogni?(…)".

pp.45-46

L'analisi

I due brani rappresentano rispettivamente il primo momento in cui il lettore apprende l'esistenza di Claudine (è Faustin che ne parla prima di ricevere la sua visita in carcere) e il momento del primo incontro fra il protagonista e l'assistente sociale (lei lo salva da un aggressione).

La figura della professionista appare a intermittenza nell'arco della vicenda di Faustin e fa parte della costellazione di personaggi che il ragazzo incontra dal momento della fuga dal proprio villaggio fino all'arresto e all'incarcerazione. È lui a tenere in mano le redini della narrazione e la figura della professionista è per lo più filtrata dal racconto e dalla memoria del ragazzo. A differenza che per gli altri personaggi, a Claudine viene riservato uno spazio maggiore di descrizione - anche fisica, poiché il ragazzo è attratto da lei - anche per il ruolo svolto da lei nel segnare un cambiamento nella vita del giovane. L'assistente sociale, infatti, tenta di aiutarlo a ricostruire una vita dignitosa, attraverso la permanenza in un istituto gestito da una suora irlandese ed è l'unica figura che dimostri di provare affetto per lui. La presenza di Claudine nella narrazione non è estesa, ma l'intensità del suo ruolo e la pregnanza del suo intervento, resi dalle descrizioni crude e a tratti iperboliche di Faustin, la impongono all'attenzione del lettore come una figura materna a tutto tondo.

Come appare

Il testo

"(…) Sentivo la scia del suo profumo e il soffio del respiro che le faceva muovere i seni che, sotto il pizzo del reggiseno, indovinavo sodi e belli rotondi(…)"

p.23

"(…) infine si aggiustò il foulard, sistemò i numerosi bracciali e chiuse la cerniera lampo della borsetta (…) Indossava un pareo color carne che si confondeva con la sua pelle (…)"

p.28

" (…) Assorta nella contemplazione dei miei stracci e della mia sporcizia, Claudine non aveva badato alle parole del direttore. Si coprì un istante il viso (…) Andandosene, mi aveva abbracciato senza badare al mio odore (…)"

p. 26

"(…) E tornò! Non si accontentò di portar con sé i suoi modi da mamma chioccia…Portò anche aspirine, pomate, compresse, scatolame…il genere di cose che si vedono tra le mani dei curati e delle infermiere."

p. 50

" (…) Si era forse decisa finalmente a vedermi per quello che ero: un bel farabutto e non il piccolo martire che il suo cervello complicato si era inventato da sola. Sospirò, visibilmente incapace di nascondere, ma cosa precisamente? La sua stanchezza davanti ai carcerieri e ai giudici, la sua esasperazione o più semplicemente il disgusto che aveva finito per ispirarle il mio torbido personaggio?"

p.70

L'analisi

Claudine è il nome della donna che cerca di aiutare Faustin prima nella lotta per la sopravvivenza quotidiana, poi in quella contro la condanna alla pena di morte. Il personaggio è raccontato esclusivamente dal punto di vista del protagonista, che non ne definisce mai il ruolo professionale. Solo alla fine della vicenda, il direttore del carcere si riferirà a lei come a un'assistente sociale e ne esalterà il compito di tenere fuori dal carcere molti ragazzini. In nessun altro punto della narrazione si fa riferimento a un ente di riferimento, anche se si accenna a relazioni professionali con il personale dell'istituto per orfani o delle organizzazioni non governative. Probabilmente si occupa di minori di strada. Claudine compare solo in veste di professionista, mentre va in ufficio o gira per la città nei luoghi in cui si nascondono i bambini. Viene anche lei da una famiglia tutsi perseguitata e profuga in Uganda dal primo massacro del 1959; ha studiato e da alcuni dettagli - ha un'automobile, gioielli, vestiti eleganti, spesso regala cibo e denaro a Faustin - si deduce la sua estrazione sociale borghese. Sono scarse le descrizioni di lei, quasi inesistenti quelle del suo aspetto fisico, di cui il lettore si fa un'idea solo attraverso le evocazioni erotiche del ragazzino. Claudine è una professionista che crede nelle cose che fa e che crede, anche con un po' di ingenuità - Faustin le racconta molte bugie che lei scopre sempre con grande ritardo - che il proprio lavoro migliorerà la società del Paese.

Che cosa fa

Il testo

"(…) La giovane (Claudine, ndr.) mi aiutò ad alzarmi e mi condusse verso il carretto del venditore di gelati. Mi offrì un cono alla vaniglia, dei biscotti, un biglietto da mille."

p.48

"(…) Allora, più volte, sono scappato. Lei (Claudine, ndr.) mi cercava sotto le bancarelle del mercato centrale? E io andavo a nascondermi (…) La strega finiva sempre per ritrovarmi. Mi palpava, mi rimproverava davanti ai sorrisi ebeti dei miei amici, come fosse mia madre. (…)".

p. 23

"(…) (Claudine, ndr.) E tornò! Non si accontentò di portar con sé i suoi modi da mamma chioccia…Portò anche aspirine, pomate, compresse, scatolame…il genere di cose che si vedono tra le mani dei curati e delle infermiere."

p. 50

" (…) (Claudine dice a Faustin, ndr.)"Ascolta! Una (è il nome della cooperante irlandese, ndr) è venuta in Rwanda per mettere in piedi un orfanotrofio sulla strada per Rwamagama. In questo momento è tutto okay: l'acqua, l'elettricità, persino l'infermeria. Sono due mesi che l'istituto è aperto. Come puoi immaginare, è già strapieno. Ma ho insistito tanto: ha finito per assegnarti un posto. Traslochi la settimana prossima. Che ne dici?""

p.52

"(…) Siine certo, farò di tutto per farti uscire da qui (dal carcere, ndr.)"

p.70

"(…) (In carcere, ndr) Da quel giorno e fino alla mia catastrofica prestazione in tribunale, Claudine venne a trovarmi praticamente tutti i venerdì e mai a mani vuote (…)"

p.73

" (…) La quarta volta che Claudine venne a trovarmi (in carcere, ndr.), l'avvocato Bukuru era lì prima di lei, chiuso nell'ufficio del direttore. (…) "Ho parlato col direttore," mi disse l'avvocato Bukuru. "Ho ottenuto che ti accordino i permessi per uscire. Ma c'è un problema (…). Renditi conto, non hai nessun parente a Kigali!" "Può venire da me!" (dice Claudine) (…) "Posso farmi passare per sua cugina""

p.103

L'analisi

Claudine, l'assistente sociale, ha un ruolo secondario nel romanzo, ma piuttosto significativo per gli eventi della vita del personaggio principale. Costituisce l'incontro positivo della vita di Faustin, quello che potrebbe cambiare il senso della vita del ragazzo. È il tramite tra il mondo sotterraneo dei ragazzini di strada, le istituzioni e la società. Il lettore la vede esclusivamente nella sua pratica professionale, quasi mai si fanno riferimenti alla sua vita personale. Nei luoghi del disagio minorile si attiva con risorse personali e attiva altre figure professionali (la cooperante irlandese, l'avvocato difensore, il direttore del carcere) per ottenere degli scopi precisi.

Che cosa dice

Il testo

" (…) (Claudine a Faustin nel primo colloquio in carcere, ndr.) "Perché siamo arrivati a questo punto?" (…) "Sei troppo duro per la tua età! Prova a parlare diversamente! Non costringerti ad assomigliare agli altri. Se vi lasciate andare tutti, chi farà il Ruanda?""

p.25

"(…) (Claudine a Faustin, ndr.)"Su questa terra non ci saranno mai abbastanza magistrati per giudicare tutti quanti! Non posso fare niente finché la tua pratica non ha raggiunto l'ufficio del giudice. Ma ho parlato al direttore: mi ha promesso di vegliare su di te. Gli ho affidato diecimila per le tue spesucce. Tornerò, non so quando…tra quindici giorni, un mese forse""

p. 28

Il primo incontro "" Dimmi, da dove vieni piccolo: da Cyangungu, da Ruhengeri?"

(…) "E dove sono i tuoi genitori?"(…) "Sono i tuoi genitori che ti hanno detto di venire a sorvegliare le macchine?(…)"Dimmi, piccolo, come ti chiami?"(…) "Bene Cyrille (Faustin le mente sul nome, ndr.), a partire da adesso custodirai la mia macchina. Io mi chiamo Claudine, Claudine Karemera! È una buona giornata in fin dei conti, ti sei fatto un'amica""

p.47

" (…) (Claudine dice a Faustin per proporgli di entrare in istituto, ndr.)"Ascolta! Una (è il nome di battesimo della cooperante irlandese, ndr.) è venuta in Ruanda per mettere in piedi un orfanotrofio sulla strada per Rwamagama. In questo momento è tutto okay: l'acqua, l'elettricità, persino l'infermeria. Sono due mesi che l'istituto è aperto. Come puoi immaginare, è già strapieno. Ma ho insistito tanto: ha finito per assegnarti un posto. Traslochi la settimana prossima. Che ne dici?""

p.52

L'analisi

Nella maggior parte dei dialoghi della narrazione in cui Claudine è presente, le sue parole vengono riportate in forma di discorso diretto con un effetto di maggiore verità. È rappresentata per lo più nelle conversazioni con Faustin o nelle discussioni il cui oggetto è la situazione del ragazzo. Il suo è un eloquio pacato e semplice, che fa il paio con un tono e una mimica gestuale che si intuiscono misurati; in contrasto con lo slang del suo interlocutore: espressione di un atteggiamento pragmatico nella ricerca di soluzioni, ma anche della distinzione sociale e culturale fra i due. Il linguaggio di Claudine è semplice, ma di persona colta. Il coinvolgimento della donna nelle vicende del ragazzo è reso chiaramente dalla presenza di numerosi punti esclamativi e interrogativi, sottolineano l'enfasi e il trasporto sempre presente nei suoi atti linguistici; oltre al fatto che la relazione "paritaria" richiede che lei convinca, e non obblighi il ragazzo a fare una scelta. Il linguaggio è in alcuni punti spia di una modalità di esercitare le propria autorità più simile a quella materna che a quella di una professionista del lavoro sociale ("piccolo", "spesucce").

Dov'è

Il testo

(Claudine al suo ingresso nella "comunità" dei bambini di strada) "Per riceverla, Musinkôro, aveva fatto mettere via le stuoie e i materassi di gommapiuma, i vecchi stracci e le scodelle"

p. 49

(In carcere nell'ufficio del direttore, ndr.) "" Vi lascio il mio ufficio. Dopo il genocidio, il termine parlatorio non significa più niente, qui: gli avvocati e le famiglie si ammassano dove possono per parlare con i detenuti" (…) Mi portarono una vecchia cassa e mi sedetti vicino a lei. Guardavo le ragnatele sul soffitto e lasciai volentieri che i miei pensieri prendessero il volo, mentre lei parlava con la sua voce dolce, leggermente roca (…).

(…) ogni volta che ci siamo incontrati: sulla scalinata della posta, sul marciapiede di rue de la Ricolte e sui terreni abbandonati intorno alla prigione (…)"

p. 25

L'analisi

Claudine non riceve i ragazzini in ufficio, esce a cercarli, li raggiunge nei loro posti: l' edificio cadente, trasformato in abitazione d'emergenza, la "comunità autogestita" dove i bambini nascondono le loro vite, le strade dei quartieri del centro dove si disperdono in mille lavori, l'ufficio squallido che il direttore del carcere le presta per il colloquio con Faustin. Sfondi di disagio e rovina nei quali la figura dell'assistente sociale è elemento che si distingue dal resto dell'ambiente: si differenzia per l'eleganza degli abiti, per l'educazione nei modi di avvicinare ragazzi abituati a ben altri approcci, ma anche per i tentativi di intervento risoluti e per i ripetuti gesti di generosità. Lo squallore degli ambienti e delle prospettive di questi "utenti" mettono in ancora maggiore rilievo la figura di Claudine.

I gesti chiave

Il testo

Alla comunità dei bambini di strada "Si sedette sulla sedia di ferro e accettò una banana cotta. (…) Toccava le guance di Canisius; prendeva Tatien per le spalle, Josépha per le mani; domandava a Émilienne da quando tossiva così, se non aveva paura della pioggia, dei ratti, delle zanzare, dei pazzi che si incontravano in giro."

p.49

"(…) (Claudine, ndr.) E tornò! Non si accontentò di portar con sé i suoi modi da mamma chioccia…Portò anche aspirine, pomate, compresse, scatolame…il genere di cose che si vedono tra le mani dei curati e delle infermiere."

p. 50

L'analisi

Dare e prendersi cura degli altri sembrano la caratteristica delle relazioni che Claudine, l'assistente sociale, ha con le persone di cui si occupa. Il contatto fisico con i bambini, le carezze e le tenerezze, l'atteggiamento materno, l'avvicinamento ai "paria" sporchi e un po' malaticci rimandano alle figure del missionario o dell'infermiera, come codifica a suo modo il protagonista.

Chi ne parla e come

Il testo

"Per la verità Claudine, l'avevo completamente dimenticata. È il genere di persona che è meglio dimenticare. Ti si rivolge sorridendo e con una tale naturalezza che, all'inizio, pensi che ti prenda in giro. Poi ti rendi conto che no, che gente come lei esiste sul serio. Quasi ce l'hai con lei perché è così buona, così diversa dagli altri…

…Arrivi a desiderare che crepi anche lei, una buona volta. Perché diavolo si è interessata a me…

…Per farmi del bene diceva. Proprio così, ho sempre trovato sospetta la gente che mi vuole bene. Allora, più volte sono scappato… La strega finiva sempre per ritrovarmi"

pp.22-23

"… Sentivo la scia del suo profumo e il soffio del respiro che le faceva muovere i seni che, sotto il pizzo del reggiseno, indovinavo sodi e belli rotondi…"

p.23

"…Indossava un pareo color carne che si confondeva con la sua pelle…"

p.28

L'analisi

È Faustin, protagonista e narratore in prima persona, a raccontare di Claudine. Più che la professionista, il ragazzo racconta la donna - di cui è si è invaghito - con un linguaggio duro, diretto, scurrile, alternante fra l'attrazione per il lato umano della donna - caratterizzato da un cospicuo numero di aggettivi qualificativi positivi ed enfatizzato dagli abbondanti punti esclamativi - e le definizioni rabbiose destinate ai momenti in cui è più evidente il ruolo professionale della donna.

Da che parte sta

Il testo

" (…) Anche il lavoro, in effetti, non era sempre senza incidenti. Per esempio, il giorno in cui un cliente mi accusò di aver rubato la sua autoradio (…)

L'uomo mi afferrò per le orecchie e mi sollevò finché i miei piedi gli arrivarono al petto (…) Per fortuna, una giovane scese dalla macchina, si fece strada fra la folla colpendo quelli che ridevano del mio dolore e mi liberò. Era lei: Claudine! (…) "Zitti tutti" urlò la giovane. Si avvicinò al mio aguzzino e lo guardò negli occhi. " Non hai il diritto di picchiarlo! D'altra parte, che prove hai che ti abbia derubato? Un ragazzino di appena dodici anni, non ti vergogni? (…)".

pp.45-46

"(Faustin dice di Claudine, ndr.) (…) È il genere di persona che è meglio dimenticare. Ti si rivolge sorridendo e con una tale naturalezza che, all'inizio, pensi che ti prenda in giro. Poi ti rendi conto che no, che gente come lei esiste sul serio. Quasi ce l'hai con lei perché è così buona, così diversa dagli altri (…)"

p. 22

L'analisi

La scelta narrativa del racconto in prima persona induce nel lettore la tendenza all'immedesimazione nei pensieri e nelle riflessioni del protagonista. L'assistente sociale, descritta nel loro primo incontro come se fosse un'apparizione salvifica, la descrizione fisica, le azioni e le sue parole sono filtrate esclusivamente dall'emotività personale di Faustin. In questa sovrapposizione di sguardi, fra protagonista e lettore, dunque, Claudine è anche per chi legge una donna affettuosa, generosa, materna, più che una professionista nell'atto di svolgere il proprio lavoro. Come lettori se ne apprezza l'impegno, la dedizione al "caso", ma si è contemporaneamente poco fiduciosi nel successo del suo intervento: insieme con Faustin sappiamo delle bugie che il ragazzo le racconta e anche la bontà con cui lo perdona insinuano il sospetto che non sia quello il metodo. C'è un elemento di naiveté, quasi di sprovvedutezza, nelle azioni della donna che il protagonista percepisce, di cui approfitta e che non può sfuggire al lettore, intaccando la stima nella professionista. Claudine non sembra affatto un'operatrice sociale; quanto piuttosto una donna benestante, con intenti filantropici, il cui intervento, in un contesto di guerra e di radicale disfacimento della vita sociale che non dà spazio alle anime belle, lascia il tempo che trova. Il continuo sottolineare l'eleganza degli abiti, la dolcezza dei modi, la diversità dalle altre persone che Faustin conosce, ne fa da una parte una sorta di presenza angelica; dall'altra mette in luce la sostanziale estraneità della donna e della sua pratica professionale all'ambiente in cui opera.

Ipotesi di lettura

Claudine, l'assistente sociale del romanzo è un personaggio secondario e fa parte di quella costellazione di figure d'ogni genere che il protagonista incontra nel corso delle sue avventure nel Ruanda del dopo genocidio. La donna è una figura importante perché è l'unica persona che si attiva per dare al destino di Faustin una forma diversa: purtroppo senza successo. Di lei si sa solo quello che passa attraverso lo sguardo innamorato e talvolta lascivo del ragazzo: è giovane, bella, elegante, benestante. È anche lei una profuga: il primo massacro di tutsi del 1959 ha spinto la sua famiglia a emigrare in Uganda, come racconta lei stessa al ragazzino. Questo particolare biografico - l'unico di cui il lettore è a conoscenza - costituisce probabilmente la spinta a occuparsi con particolare attenzione di chi vive la stessa esperienza. L'incontro dei due avviene sulla strada, per caso: Faustin è in pericolo e lei lo difende con determinazione. Questo atteggiamento di protezione quasi materna, malgrado le bugie del ragazzo e i periodi di lontananza fra i due, rimane la cifra del rapporto fra Claudine e Faustin. Per la parte del romanzo che la riguarda resta la difficoltà di codificare i suoi interventi in base a criteri professionali precisi. Solo alla fine della narrazione, infatti, qualcuno si riferirà a lei come a un'assistente sociale, ma fino a quel momento, la sua professionalità si può dedurre solo in base al fatto che intrattiene relazioni con membri di organizzazioni internazionali, gli stessi che offrono a Faustin una sistemazione dignitosa. Ha un ufficio, ma non viene detto se sia pubblico o se faccia parte di una rete di privato sociale o se sia un organismo finanziato da aiuti internazionali come spesso accade in questi Paesi in cui tutte le strutture sono state distrutte dal conflitto; quali siano le sue mansioni specifiche - anche se si intuisce una certa esperienza nel trattare con i minori di strada -. Con i bambini intrattiene colloqui informali, in un intervento territoriale che non lascia però intravedere una strutturazione alle spalle, per esempio all'interno di un progetto. Claudine lavora da sola e sembra utilizzare mezzi propri - sia economici, che di relazione - per la cura di Faustin, che è anche l'unico utente menzionato. In questo caso, così come succede spesso, la figura dell'assistente sociale ha i tratti ben riconoscibili delle consuete messe in scena del lavoro sociale. La professione non si caratterizza attraverso interventi precisamente codificati, quasi che questa funzione abbia il suo centro in un indistinto "prendersi cura di qualcuno", con una competenza, che qui, sembra derivare piuttosto dall'essere donna dotata di forte istinto materno e con alle spalle una situazione di disagio simile a quella del protagonista, che permette una maggiore empatia, che non da una preparazione scientifica: quasi che basti essere altruisti per svolgere la professione sociale, senza bisogno di una rete, di un appoggio istituzionale, di un confronto sugli interventi.

Rinvii

Racconti e rappresentazioni

Esistono elementi di continuità tra due assistenti sociali che operano in luoghi particolarmente disagiati del mondo?

Confronta la descrizione di Claudine con quella del film e della gag televisiva: quali modelli di specifico femminile emergono?

Coni d'ombra

L'identità professionale dell'assistente sociale: confronta la descrizione del romanzo con le definizioni teoriche